da Roma
«E ora vogliamo Prodi al Senato», dice Renato Schifani. «E lo vogliamo subito - spiega Altero Matteoli -. Le dimissioni del giudice Vaccarella sono infatti un chiaro e grave atto daccusa contro il presidente del Consiglio e alcuni ministri». Lo vogliamo, aggiunge Roberto Calderoli, «perché risponda a una semplice domanda: la Corte costituzionale è ancora autonoma rispetto al governo?». La Cdl è allattacco e anche Pierferdinando Casini invita a «non minimizzare e non difendere le istituzioni solo secondo le convenienze». Ma Fausto Bertinotti rilancia, attaccando ancora il referendum sulla legge elettorale: «Io non ho nulla contro lo strumento, ho una critica sul possibile esito della consultazione. Un sì sarebbe un colpo inferto allautonomia e al radicamento dei partiti, che è una condizione necessaria per lo sviluppo della democrazia».
La lettera di Romano Vaccarella arriva mentre a Montecitorio Bertinotti e Marini si accordano sul prossimo calendario parlamentare. I due presidenti si limitano a «prendere atto» delle dimissioni del giudice, ma le parole di Bertinotti, pronunciate poche ore prima alla radio, sono sufficienti per riattizzare le polemiche. È «preoccupato» Fabrizio Cicchitto perché «alcuni alti vertici istituzionali invece di raccogliere linvito della Consulta di evitare indebite invasioni di campo e dichiarazioni denigratorie, continuano a trattare la stessa Corte come fosse un bivacco di manipoli». Il presidente della Camera, conclude, «dovrebbe essere super partes». E Sandro Bondi si chiede «perché, se non vuole essere neutrale, a questo punto non torna a fare il leader del Prc».
Nei prossimi giorni toccherà proprio a Bertinotti stabilire quando il Parlamento, in seduta comune, dovrà riunirsi per eleggere il nuovo giudice costituzionale che prenderà il posto di Vaccarella. Marini invece, martedì prossimo insieme alla conferenza dei capigruppo, dovrà scegliere la data per la comparsa di Prodi a Palazzo Madama. «Il dibattito ci sarà - racconta Castelli - labbiamo già chiesto la settimana scorsa e il presidente lha accettato. Era stato congelato in attesa delle decisioni di Vaccarella, ma dopo le sue irrevocabili dimissioni non si può più attendere. Se il giudice ha detto quelle cose, vuol dire che il problema è serio e va molto al di là di quanto emerso: da troppo tempo infatti la Consulta assume decisioni in chiave politica».
Per Schifani «il dibattito non è più rinviabile». «Il conflitto istituzionale che si è aperto - afferma - necessita di un approfondimento in Parlamento. È una vicenda grave. Alcuni componenti del governo con le loro dichiarazioni hanno tentato di condizionare lorientamento della Corte costituzionale invadendone la sfera di autonomia. E senza che Prodi li abbia mai smentiti».
Aggiunge Antonio Leone, vicepresidente dei senatori di Forza Italia: «Non cè più spazio per lattendismo di Bertinotti e della maggioranza, che hanno cercato in tutti i modi di mettere la sordina a una faccenda che, guarda caso, è stata oggetto pure della riunione odierna del Consiglio dei ministri».
A questo punto, sostiene Matteoli, «il presidente del Consiglio ha il dovere di dare spiegazioni sulla reale autonomia della Consulta». Finora, aggiunge, Prodi di chiarimenti ne ha dati pochi: «Ha fornito solo generiche, tardive e insufficienti dichiarazioni, non volute ma sollecitate». Vuole «sapere» anche Giuseppe Consolo, capogruppo An in commissione Giustizia alla Camera: «Per costringere una persona seria come il professor Vaccarella a dimettersi deve essere accaduto qualcosa di assai grave. Queste dimissioni mi fanno pensare a molto di più di indebite pressioni intervenute a mezzo stampa». E per Roberto Calderoli «si conferma quello che già si sapeva, e cioè che la politica di questa maggioranza riesce a toccare qualunque capitolo della vita del Paese».
Dunque il centrodestra stavolta appare compatto.
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