Il Polo: no alla partecipazione senza il sostegno dei Paesi Ue

Alessio Garofoli

da Roma

Nella Cdl i dubbi sulla missione in Libano si vanno rafforzando. Il centrodestra, con l'esclusione della Lega che si era astenuta, aveva motivato venerdì scorso il suo assenso in Commissione con l'esigenza di dimostrare responsabilità istituzionale, non senza cenni polemici ai tanti interrogativi aperti sulla risoluzione 1701 e su come metterla in atto. Nel frattempo nessun altro Paese europeo ha fatto intendere che invierà un numero sostanzioso di truppe di terra. E nel fuggi fuggi generale da una missione che tutti hanno voluto e nessuno intende onorare, il ministro degli Esteri italiano è l'unico ad aver già indossato l'elmetto.
A iniziare il dietrofront, per ora solo formale, è Gianfranco Fini, che giudica il contributo effettivo dell'Ue «un elemento politicamente essenziale, al pari di una chiara definizione delle cosiddette regole d'ingaggio, per decidere la partecipazione di un forte contingente militare italiano» e per dare speranze di riuscita a un compito che si annuncia complicato. Per questo il presidente di An chiede a Massimo D'Alema, oggi a Bruxelles per discutere proprio di Libano, di avvertire i partner europei che senza una corale assunzione di responsabilità da parte dei 25 Paesi membri, anche l'impegno italiano tornerebbe in discussione.
Una posizione ampiamente condivisa da Forza Italia. Fabrizio Cicchitto dice che «l'Italia non può prendere la guida della missione mentre gli altri Paesi europei, quasi beffardamente, nel contempo ci incoraggiano a prenderla e, per parte loro, si defilano nella sostanza». Il vicecoordinatore degli azzurri ritiene essenziale che venga precisata la linea politica della missione, soprattutto riguardo a quello che deve essere il suo punto qualificante: il disarmo di Hezbollah. «È indispensabile - conclude Cicchitto - che il governo Prodi sia più parco negli effetti-annuncio (“partiam, partiam”) e più attento nel ricercare un contesto accettabile per la missione».
Secondo il suo collega di partito Osvaldo Napoli, «la missione in Libano ha ricordato a tutti che l'Europa rimane, a dispetto di ogni retorica, un “flatus vocis” sulla scena internazionale». Ecco perché il deputato di Fi fa sua la richiesta del presidente americano Bush di una nuova risoluzione. Mentre Benedetto Della Vedova è piuttosto esplicito nel definire il sì della Cdl in Commissione un gesto «forse anche troppo generoso», e avverte che «non si deve andare in Libano da soli, perché non siamo una superpotenza, ma soprattutto non ci si deve andare in nome dell’equivicinanza».
Le stesse preoccupazioni aleggiano anche dalle parti dell'Udc, che pure era stato il partito della Cdl ad appoggiare in modo più convinto la risoluzione. «La sensazione è che D'Alema, più che del Libano, si preoccupi del comando della missione, probabilmente nella consapevolezza che questa possa essere più vantaggiosa politicamente» dichiara Maurizio Ronconi. «È un calcolo sbagliato - continua - perché sovraespone l'Italia e la condannerà ad una figura non brillante quando il comando sarà comunque affidato alla Francia». Da parte sua, Carlo Giovanardi si chiede polemicamente «di cosa» l’Italia avrà la guida, visto che la composizione del contingente internazionale è ancora in alto mare. «Oggi non abbiamo gli elementi per definire un voto - sostiene l’ex ministro -. Sono d'accordo che in Commissione si sia detto sì, ma bisogna vedere le condizioni che matureranno nei prossimi giorni. Che l'Italia vada da sola, - prosegue - senza una solidarietà di altri Paesi europei, senza un numero di uomini sufficiente e senza regole d'ingaggio chiare, è una cosa su cui bisogna fare una riflessione molto, molto seria».


E Giorgio La Malfa, pur ribadendo la tradizionale linea filoatlantica del suo partito, per la quale «se l'Italia manda i suoi soldati deve avere il sostegno del Pri», pretende di sapere dal governo «se davvero ritiene che vi siano le condizioni per una tale missione in zona di guerra» e se la maggioranza abbia «la sufficiente coesione» per affrontare i rischi cui si andrà incontro.

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