A Pomezia il giorno dopo l’arresto di don Marco Agostini e il fermo degli altri due parroci accusati di aver fatto calare il silenzio su anni di abusi «Dopo l’orrore, non ci resta che pregare» «In nome di Dio... » e il prete pedofilo iniziava i «su

Stefano Vladovich

«Certo, quando padre Marco venne trasferito ad Assisi ci rimase molto male. Una batosta che non prese affatto bene. Come lo motivò il vescovo di Albano? È un segreto, non ci è dato nemmeno a noi di conoscerlo». Padre Sergio Pierdomenico, l’attuale viceparroco di San Benedetto, a Pomezia, scrolla le spalle quando, all’uscita della canonica, viene preso d’assalto dai cronisti e da un gruppo di fedeli preoccupati per la sorte dei tre religiosi. «In nome di Dio...», «Come riporta la Bibbia..», così don Marco iniziava i ragazzi dell’oratorio ai suoi abusi. E li obbligava a tacere. Il giorno dopo l’arresto di padre Marco Agostini e i fermi di polizia del parroco, padre Ennio Di Gianpasquale, nonché di padre Germano Agostini, anche lui parroco ma di San Michele Arcangelo, l’intera comunità pometina è sconvolta. Divisa tra colpevolisti e innocentisti sì, ma soprattutto amareggiata per il clamore scatenato su una vicenda ancora oscura. Storie inquietanti di seguaci stretti attorno più a un capo carismatico che a un prete di periferia, com’è padre Marco, in una specie di legame satanico? I primi a prendere le distanze sono i «nuovi giovani» dell’oratorio di via Filippo Re che difendono a spada tratta il lavoro svolto negli ultimi dieci anni dai gruppi diocesani (duecento ragazzi su un totale di 1.500 parrocchiani). Eppure di storie da far accapponare la pelle se ne raccontano a decine su padre Marco e alcuni dei suoi ragazzi, tredicenni oggi cresciuti con l’incubo dei rapporti intimi, a volte completi, avuti con lui. Molti le avevano denunciate da tempo agli altri religiosi, fino ad arrivare all’allora vescovo di Albano, monsignor Vallini. Tanto che alla fine del 2002, come un fulmine, arriva il divieto di dire Messa e il trasferimento: «Lasci Pomezia entro 24 ore», nemmeno il tempo per salutare i suoi fedeli, per dare a qualcuno di sua fiducia il compito di gestire la «Casa della Gioventù». E mentre su padre Marco cala la scure della secolarizzazione, ovvero il procedimento ecclesiastico per l’annullamento dei voti e della «restituzione» degli abiti talari, il testimone passa a padre Ennio. «Adesso che è stato mandato lontano da Roma - continua padre Sergio - penserò io a mandare avanti l’oratorio. Poi non so cosa accadrà, se la Curia invierà un nuovo parroco o se toccherà a me questo ufficio. Possiamo solo aspettare, pregando». Padre Ennio e padre Germano, accusati dalla Procura di Velletri di favoreggiamento personale nei confronti delle presunte «malefatte» di padre Marco, dopo una mattina in Questura, sarebbero passati a Pomezia solo per qualche ora. Il tempo di raccogliere effetti personali e di tornare ai paesi d’origine, in attesa che la magistratura definisca i loro ruoli. Padre Marco, invece, già da mercoledì sera ha raggiunto il domicilio disposto dagli inquirenti in cui dovrà restare, in stato d’arresto, fino alla chiusura dell’inchiesta e all’eventuale rinvio a giudizio. «Mi aspettavo il carcere», ha commentato l’avvocato Alberto Romano, legale di alcuni dei giovani. Su di lui gravano le pesanti accuse di violenza sessuale aggravata e continuata su minori. Drammi consumati nell’arco di un decennio tra Torvaianica (dove ha svolto il noviziato) e la cittadina industriale alle porte della capitale. Per molti un prete coraggio, che ha cacciato spacciatori e delinquenti prima da piazza Italia, poi da piazza Indipendenza.

Sarà per questo che, anni addietro, qualcuno esplose contro la sua abitazione di Torvaianica un intero caricatore di pistola? Che padre Marco non fosse benvoluto lo dimostra anche il pestaggio subìto, sempre da ignoti, dietro la canonica. «Sì, quella volta venne massacrato di botte - ricordano in paese -, bisognerebbe capire perché».

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