(...) di unistituzione, come è il Sovrintendente del Carlo Felice Gennaro Di Benedetto. Soprattutto, non mi va che lo faccia il rappresentante di unistituzione che piange miseria spesso e volentieri e che ha deciso di investire dei soldi per pagare un viaggio in Cina a un gruppo di giornalisti, rappresentanti di varie testate, ma non a quelli del Giornale. Già questa, se permettete, è una mancanza di rispetto non a me, nè alla redazione, ma a tutti voi, che siete un popolo fantastico e una forza viva della nostra città e della nostra regione.
Non parlo del pagamento del viaggio, ma proprio dellinvito in sè. Claudio Burlando, tanto per dire, mi ha scritto una cortesissima lettera e mi ha fatto chiamare dalla cortesissima portavoce Nuccia Cifarelli, invitando anche la nostra redazione in Cina. Poi abbiamo fatto altre scelte ed abbiamo deciso di investire in altro modo i 2500 euro che avremmo dovuto spendere per il viaggio. Ma Burlando ha dimostrato una volta di più di essere rispettoso della stampa, di tutta la stampa. Anche se sa che siamo i suoi critici più severi e lo saremmo ovviamente stati anche in Cina, come a Genova.
Di Benedetto, invece, non solo non ci ha invitato, ma ha anche dichiarato alla Repubblica-Il Lavoro: «Quella sul viaggio in Cina mi sembra una polemica sterile e inopportuna. Chiunque può capire che invitare giornalisti significa che il Carlo Felice vuole avere il risalto opportuno nella sua città da parte dei media più importanti: era necessaria una scelta ed è stata dettata dalle rese mediatiche. Credo sia più importante il risultato che si sta raggiungendo che non andare a cercare sterili proteste. Se poi la Cina logora chi non ce lha...».
Ecco, Di Benedetto passa per essere uno che ha moltissimo stile. Ed è vero: è difficile immaginarselo senza stile. Io credo che, persino in mutande, la sera prima di andare a letto, Di Benedetto sia una specie di fotomodello perfetto. Una specie di Uomo Vogue applicato alla Sovrintendenza. Ma in queste dichiarazioni, lo stile dovè?
«La Cina logora chi non ce lha»? Ma scherziamo? E poi «i media più importanti»? Il discorso non regge nè se ci basiamo sulle vendite, nè tantomeno se ci basiamo sul radicamento a Genova e in Liguria e sul peso specifico del nostro Giornale. Lo ribadisco: Di Benedetto - di cui ho stima e a cui non smetterò mai di riconoscere il bene che ha fatto per il Carlo Felice, che deve la sua rinascita dopo le pessime gestioni precedenti proprio a lui - non offende me. Offende tutti i nostri lettori. Lo stile, imporrebbe le scuse. Lo stile, appunto.
Quanto agli interventi sul caso, prendo atto con piacere degli scrupoli di Maurizio Rossi per Primocanale, espressi in tempi non sospetti, e sono daccordissimo con Paolo De Totero quando spiega che la correttezza di un giornalista non si misura certo da chi paga il viaggio. Se uno ha la schiena diritta ce lha sempre, se non ce lha, non ce lha nemmeno se si paga il viaggio di tasca sua. A Genova, nel mondo dei giornali, cè gente servile gratis e gente incorruttibile anche se viaggia a spese delle aziende.
Dove invece non seguo De Totero è nel suo attacco alla persona Zinola. Questo Giornale non guarda in faccia a chi fa una battaglia, prima di decidere se farla. Se Zinola vota Rifondazione, sono affari suoi. A me interessa come fa il rappresentante dei giornalisti. E, anche se spesso polemizzo con lui, anche se a volte si lascia prendere da furori un po giacobini, penso che Marcello lo faccia bene. Ho letto la sua firma quando cerano da difendere i giornalisti dagli attacchi di chi pensava che tutto gli fosse dovuto: fosse esso un allenatore, un presidente di una squadra di calcio o un sindaco. Ho letto la sua firma sotto la denuncia di tante arroganze.
Più che unopera, unopera buffa. Con tanto di pupi.
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