Cultura e Spettacoli

Portia De Rossi, ultima regina delle sitcom

È la protagonista di una serie osannata dalla critica, che ha avuto un seguito grazie a un referendum tra i telespettatori

da Los Angeles

Occhiali da sole extra-large, capelli biondo platino, cagnolino bianco con immancabile fiocchetto sopra gli occhi che poi si scopre essere una comparsa, avuto in prestito da un amico per essere il perfetto stereotipo di una diva d’antan, a cominciare dallo pseudonimo scelto con grande arte. Eccola Portia De Rossi, gambe accavallate sulla poltroncina di tela che porta il suo nome, sul set della terza serie di Arrested Development in un parco nel centro di Los Angeles (ogni giovedì su Fox va in onda la seconda, mentre su Italia 1 si è appena conclusa la prima serie con il titolo tradotto di Ti presento i miei), la sitcom osannata dalla critica americana e proseguita oltre la prima serie grazie ad un referendum tra i telespettatori che a dire il vero non sono fedelissimi alle vicissitudini paradossali di una famiglia americana dove tutti sono piuttosto nevrotici e percorsi da esilaranti vene di follia. «Sono così orgogliosa di fare questo lavoro», dice con fare consumato Portia (si pronuncia Porscia) De Rossi, 32 anni, già avvocatessa in Ally McBeal, nota al cinema per Sirene e Scream 2 e nella vita per aver chiesto a voce alta di potersi sposare con la fidanzata Ellen DeGeneres, l’attrice comica che ha presentato gli Emmy. «Quando uno pensa ad Hollywood pensa ai soldi e al potere e invece vi sono ancora persone che credono nella buona arte».
Tutto attorno l’atmosfera ben si addice alla sitcom: si aggirano il Papa, un Pope e un poliziotto, giurati all'elezione di una fantomatica Miss Inner Beauty. C’è anche Will Arnett, già interprete di Sex and the City, I Soprano e Law & Order: unità speciale, qui fratello del protagonista che sogna di fare l’illusionista: «È vero, il pubblico non si affeziona e ad ogni puntata diciamo andrà meglio alla prossima, però è strano perché siamo l’E.R. della commedia», spalanca gli occhi Will Arnett. «Cerchiamo di divertire il più possibile, perché vogliamo che la gente torni a casa, accenda la tv e con noi finalmente ridendo dimentichi i suoi pensieri».
Non sono previste risate ma palpiti d’amore per chi guarda Grey's Anatomy (ogni lunedì su FoxLife), un mix tra E.R. e Sex and the City ambientato nell’ospedale di Seattle, ricostruito nei minimi dettagli ai Prospect Studio di Los Angeles dove in questi giorni si girano le puntate della seconda serie, sull’onda del successo della prima che in America è stata vista da 20 milioni di persone a puntata, in pratica dal 76 per cento di tespettatori tra i 18 e i 49 anni. «Sì, in effetti potremmo chiamare il nostro serial Sex & the Hospital», spiega Patrick Dempsey, che in tv ha lavorato anche in Delitto e castigo accanto a Ben Kingsley e al cinema in Scream 3. «Ci siamo tutti preparati seriamente leggendo manuali e libri universitari per interpretare la storia di giovani camici bianchi che devono conciliare le aspirazioni professionali con quelle sentimentali».

Che è poi una vecchia storia, non soltanto per chi abita a Hollywood e dintorni.

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