Porticina aperta a Ronaldinho nonostante i no

Un milanista ingenuo ascolta il virgolettato («tenteremo di prenderlo») di Silvio Berlusconi, impegnato a Napoli in campagna elettorale e va a letto col cuor contento. Stavolta Ronaldinho arriva, pronostica. Lo stesso milanista, all’oscuro di qualche retroscena decisivo, ascolta il virgolettato successivo («incontreremo il Barcellona») di Adriano Galliani, attore principale del negoziato col fratello di Dinho, Roberto de Assis, e magari considera virtualmente concluso il trasferimento. La prudenza invece è d’obbligo e proviamo a spiegarne tutti i motivi.
Sponsor neutrale. Dopo molte interpretazioni di segno diverso, un chiarimento essenziale: la posizione dello sponsor del brasiliano, l’americana Nike, è neutra rispetto alla conclusione della trattativa che vada al Milan o risulti dirottato all’Inter oppure decida di partire per Londra, direzione Chelsea. È vero, il Milan veste Adidas, l’Inter indossa Nike, eppure le affinità contano ma fonti italiane interne all’azienda americana fanno sapere che «non c’è alcuna interferenza» e che già Ronaldo, targato Nike, «passò dal Real Madrid a Milanello in forza di considerazioni squisitamente tecniche», non certo commerciali.
Il no di Seedorf e Kakà. Piuttosto contano altri veti, veti incrociati, espressi e non dichiarati, dei quali bisogna tenere conto. Il più atteso, al varco, è Riccardo Kakà che ha una immagine da tutelare, gioca al fianco di Ronaldinho in nazionale e non vuole certo rovinarsi la piazza oltre che i rapporti personali. Il suo commento all’arrivo di Dinho è il seguente: «Ma lui vuole la Champions e noi non ci siamo ancora qualificati». Come dire: non è così contento di giocare per una squadra non iscritta al torneo continentale più importante, da lui già vinto due anni prima, contro l’Arsenal in finale. Più trasparente l’intervento di Clarence Seedorf che gioca a carte scoperte. È in conflitto d’interesse, difende il proprio ruolo cioè, ma ha il dono della chiarezza. Detta Seedorf nella notte di Milan-Cagliari: «Io non voglio fare polemica, dico solo che ci sono altri giocatori in quel ruolo, poi naturalmente tocca alla società decidere». Altre volte il Milan (vedi l’arrivo di Inzaghi, ndr) non si lasciò condizionare da valutazioni tecniche e tirò dritto per la propria strada sfidando l’impopolarità.
La priorità di Ancelotti. Ancelotti è sulla stessa lunghezza d’onda della squadra per due motivi: uno tecnico, l’altro comportamentale. L’attuale tecnico considera altre le priorità della sua squadra, un centravanti e un portiere affidabile, come dimostrano certe soluzioni d’emergenza (Ambrosini schierato all’attacco contro l’Atalanta in mancanza di Inzaghi). È vero che con Ronaldinho può tornare a casa Borriello (liberando a questo punto Gilardino per altre operazioni di mercato) ma non è la prima scelta. Poi c’è la componente fondamentale per il Milan: il comportamento. Dinho ha fama da mela marcia. Finita nel paniere rossonero può contagiare le altre. Cassano, a gennaio 2007, venne respinto al mittente per lo stesso motivo.
Problemi d’immagine. Ronaldinho può diventare milanista? Sì, a giudicare dall’esposizione mediatica di Berlusconi, seguita dalla frase di Galliani.

Il Milan non può permettersi di vedere il brasiliano approdare a Milano ma sulla sponda neroazzurra. C’è un nervo scoperto con Moratti e l’Inter. «E chi li sente i tifosi» chiosa un addetto al settore media. Perciò la porticina del Milan resta socchiusa. Ma è una porticina e non un portone spalancato.

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