Amo la Samp, non più e non meno di tanti altri tifosi a Genova, in Italia e nel mondo. Ma bisogna ammettere che a volte, anche l'amore più folle, quello più viscerale può vivere momenti difficili, litigi, incomprensioni.
Non è questo il caso attuale (abbiamo certamente avuto tempi peggiori), ma occorre confessare che non è possibile comportarsi perennemente da struzzi, mettere la testa sotto la sabbia e dire convinti che va sempre, sempre tutto bene. Siamo tifosi, siamo uomini. Abbiamo o abbiamo avuto tutti (penso) una ragazza. Magari l'abbiamo anche amata, magari tanto, alla follia. Ma abbiamo taciuto tutti i suoi difetti, tutte le sue mancanze, i suoi errori? Non l'abbiamo mai criticata o contraddetta? Abbiamo fatto finta di niente anche quando tra noi e lei non «girava» più?
Noi abbiamo una ragazza, un amore in comune, la Sampdoria... Da qualche tempo, però, si sentono troppo spesso discorsi discriminanti. Ormai, tra i sampdoriani, esistono (ahimè esplicitamente) tifosi di serie A e tifosi di serie B. Chi si permette di criticare, discutere, proporre, dissentire da una scelta societaria o da qualsiasi altra questione blucerchiata appartiene alla categoria dei secondi, è un tifoso di serie B, un pantofolaio in pigiama, malato di Sky, che non va allo stadio e che ai tempi di Possanzini e Luiso si divertiva con gite o pic-nic o al cinema mangiando pop-corn...I veri detentori della Fede (e mi sembra che si cada nel patetico a sfumature rossoblu...) sono invece i primi, i tifosi di serie A, quelli a cui va tutto bene, quelli che vanno sempre allo stadio e cantano solo loro, quelli, gli unici, che amano veramente, visceralmente la Sampdoria.
Io c'ero con Possanzini e Luiso, nell'epica (e tragica) Samp-Crotone 0-2, sono sempre presente in casa, quando riesco in trasferta, e, soprattutto, non mi sono mai permesso di fischiare chi indossa quella maglia stupenda.
Critico, sì, perché, per la mia squadra, vorrei il meglio. Ammetto che abbiamo una rosa esigua, con la quale rischiamo di non qualificarci per le coppe europee; ammetto che la società dovrebbe delineare un progetto chiaro, definito, magari puntando sui giovani, non vivendo alla giornata con prestiti e svincolati trentenni di squadre retrocesse o retrocedenti.
Federico Berlingheri
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