«Poteva scegliere tra due villini Ha preferito quello della strage»

Dimenticare. Paola Carretta, zia paterna di Ferdinando, ora vuole solo dimenticare. «È la fine di un marasma lungo 19 anni». Lo chiama così zia Paola, la zia che dieci anni dopo la scomparsa della famiglia del fratello scoprì dalla televisione che il nipote Ferdinando non era vittima ma carnefice: era lui l’assassino, era lui il pluriomicida, fuggito a Londra facendo credere di essere sparito nel nulla insieme ai genitori e al fratello Nicola. «La vita riserva delle sorprese che evidentemente bisogna accettare per non impazzire», dice zia Paola.
Come si fa a raggiungere un accordo sull’eredità con il nipote che ha massacrato suo fratello e la sua famiglia?
«Non potevamo andare avanti all’infinito. I tempi della giustizia erano troppo lunghi. Ho cercato di fare un passo avanti e di smetterla di guardare indietro. Volevo chiudere questa vicenda».
È vero che è stata lei a proporre l’intesa a Ferdinando?
«Sì, ho chiesto io di incontrarlo. Non è stato facile. Ma mi è sembrato che lui non aspettasse altro. Gli ho fatto due proposte».
Che proposte?
«Poteva scegliere fra l’appartamento di via Campioni e la casa di via Rimini».
E suo nipote ha scelto la casa in cui ha ucciso i genitori e il fratello.
«Sì, ha detto che è quella che conosce meglio, quella in cui era cresciuto».
Non le pare...
«Lo so, lo so, è un paradosso. Ma lui è contento così».
Lei sembra aver ceduto per sfinimento, per i tempi della giustizia, anche se alla fine nella causa per l’eredità, anche in appello, i giudici le avevano dato ragione.
«Le ripeto, volevo solo chiudere questa vicenda lunga ben 19 anni».
Crede ancora nella giustizia?
«Ci sono state tante cose improbabili in questa storia. Tutto poteva essere scoperto prima. E le indagini... per dieci anni tutti hanno pensato che i Carretta fossero scappati ai Caraibi a godersi la bella vita».
Lei non ha mai sospettato di suo nipote?
«Mai. Mi ricordo ancora quando ho sentito Ferdinando confessare in tv».
Uno choc.
«È stato ancora più doloroso di sapere che anche lui poteva essere morto».
Lo ha mai perdonato?
«Non voglio perdonare. Non tocca a me farlo. A me restano solo tre morti e un nipote».
Nessun rancore?
«Rimane il fatto che ancora non so dove siano i miei familiari. Che i corpi non sono mai stati trovati. Questa è una cosa fuori dal mondo, che ancora non riesco ad accettare».
Crede che suo nipote abbia mentito?
«Senza il ritrovamento dei corpi, non ho in mano nessun elemento che possa avvalorare una tesi o un’altra».
Ferdinando dice che vuole rifarsi una vita, che vuole una famiglia. Lei crede che sarà possibile?
«Mi auguro che il suo sentimento sia genuino. E che il rimorso per quello che ha fatto non lo torturi per tutta la vita».
E l’idea che possa andare a vivere in quella casa?
«Lui dice che non lo farà».


Qual è l’ultimo ricordo di suo fratello?
«Era un gran lavoratore. Anch’io ho pensato che potesse essere partito in vacanza. Di solito mi mandava una cartolina».
Le capita di aspettarla ancora quella cartolina?
«Sì».

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