Povero Pinocchio: abbandonato dal Gatto e con il naso spezzato

Povero Pinocchio, abbandonato persino dal Gatto. La Volpe no, quella è rimasta, magari i ladri non sono riusciti a sradicarla dal basamento. E forse per questo si sono sfogati sul burattino spaccando il naso più celebre della letteratura insieme a quello di Cyrano di Bergerac. In compenso anni di incuria hanno trasformato la fontana in pattumiera, per di più relegata nel retrobottega dei prefabbricati che «temporaneamente» ospitano i negozi spostati da piazza Dateo. Dal 1989. «E fino a quando non risolveremo questa vicenda non potremo sistemare la statua. Il cui restauro è già nei piani dell’assessorato» assicura Maurizio Cadeo.
Ma il lettore a questo punto, prima ancora di approfondire lo stato di salute del monumento, vorrà sapere che accidenti ci fa un Pinocchio a 300 chilometri da Collodi, frazione di Pescia da cui Carlo Lorenzini prese lo pseudonimo. Ebbene dobbiamo andare alla mattina del 19 maggio 1956 quando venne inaugurata la fontana di Attilio Fagioli, 1877-1966, fiorentino di nascita ma milanese di adozione. L’artista aveva realizzato il lavoro su commissione della «Famiglia Artistica» che voleva appunto regalarla alla comunità milanese. La fontana consisteva in un bimbo in cima a una stele che guardava in basso la marionetta ormai inanimata che era stato. In basso ai due lati il Gatto e la Volpe. Sulla lapide del basamento le ultime parole del libro «Com’ero buffo quand’ero burattino» con un commento del poeta milanese Antonio Negri: «E tu che mi guardi sei ben sicuro d’aver domato il burattino che vive in te?».
La statua non poteva essere collocata nel posto migliore: il giardino all’angolo tra corso Indipendenza e via Ciro Menotti, con tanto di parco giochi, pieno di altalene e scivoli. Il Pinocchio milanese visse un trentennio di splendore, fino a quando fu chiuso da orribili prefabbricati in cemento. Strutture destinate a ospitare i negozianti sfrattati da piazza Dateo 5, dove il Comune stava realizzando un intervento di risanamento. Era l’89 e la soluzione temporanea, massimo due anni. Ma come ben si sa, in Italia non c’è nulla di più granitico del provvisorio. Relegato nel retrobottega, il burattino intristì. Si spensero i getti d’acqua, la vasca diventò un cassonetto dell’immondizia, i «soliti ignoti» spezzarono il naso al burattino e riuscirono anche a divellere il gatto dal basamento. Da allora, a onor del vero, qualche tentativo fu fatto per far tornare il Pinocchio di Fagioli ai suoi splendori. Nel 2002 Sandra Tofanari, nipote dello scultore, lanciò un pubblico appello offrendosi di eseguire personalmente il restauro. Anche se la Fonderia Battaglia, che a suo tempo eseguì l’opera, non ha conservato il calco originale della scultura, per cui sarebbe stato difficile ricostruire la figura del Gatto. Nel 2004 Delmastro Delle Vedove presentò al ministro per i Beni e le attività culturali un’interpellanza. E ogni volta il Comune rispondeva: pochi mesi e sistemiamo abbattiamo i prefabbricati e facciamo tornare la fontana ai suoi fasti.
«Questa volta è vero - giura Cadeo -. Il progetto c’è e i quattrini anche. Il problema del resto l’ho ben presente, ho anche fatto un sopralluogo nei mesi scorsi.

Però il restauro della fontana si inquadra nel piano di recupero dell’intero giardino, e partirà solo quando l’ultimo negoziante avrà lasciato i prefabbricati. Ci sono ancora dei problemini di ordine burocratico ma ancora un po’ di pazienza, e aggiusteremo anche Pinocchio».

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