Cronache

Povero Romero, da Messi al disastro Samp

Povero Romero, da Messi al disastro Samp

Nel giro di pochi giorni è passato dall’essere compagno del pallone d’oro Leo Messi, a giocare insieme a Maccarone. Dal ballottaggio tra Milito e Higuain, a quello tra Pozzi e Piovaccari. E’ passato da Diego Maradona come ct, ad Atzori e Iachini come allenatori. Ce ne sarebbe di che cadere in uno stato depressivo di quelli da cui è difficile venire fuori anche dopo mesi e mesi di terapia, con uno bravo s’intende. Eppure, nonostante tutto, Sergio German Romero sembra mantenere un invidiabile equilibrio mentale. Merito di un carattere forte che lo ha portato a non andare al di là di qualche momento di smarrimento, espresso con uno sguardo perso nel vuoto o con urlacci assortiti ai suoi compagni di squadra. Probabilmente quando firmò il contratto che lo legava alla Sampdoria, nemmeno lui si sarebbe aspettato di arrivare a questi punti. Dopo il mondiale e la coppa America con la nazionale argentina, di cui è titolare inamovibile e punto fermo, Romero voleva dare una svolta alla sua carriera. Lasciare la fredda Olanda e l’Az Alkmaar per trovare fortuna calcistica nel bel paese. Dopo il corteggiamento non andato a buon fine della Roma, ecco l’offerta della Sampdoria. Con i blucerchiati firma un contratto di quattro anni, con la convinzione di essere in serie B solo di passaggio, per poi potersi misurare sul palcoscenico della serie A, quello che spetterebbe di diritto ad un portiere della sua levatura. E invece, al giro di boa del campionato, la Sampdoria è al decimo posto, il clima intorno alla squadra è pesante, i tifosi assediano Bogliasco e contestano la squadra che lascia Genova per andare in ritiro. Nessuno si è sognato di contestare «el chiquito», il piccolino, com’è soprannominato. Anzi, l’arquero blucerchiato è diventato l’idolo della gradinata sud, l’unico o quasi ad essere applaudito sempre e comunque. Anche lunedì a Bogliasco, quando sputi e insulti hanno fatto da coreografia alla ripresa degli allenamenti e il buon Sergio è stato applaudito da tutti. E’ stato il migliore di questo pessimo avvio di stagione blucerchiato, con parate salva-risultato a ripetizione poi vanificate da una squadra, finora, non all’altezza del suo numero 20. Lui a Genova, ed in particolare nella riviera di Levante, si è ambientato benissimo. Gode del clima mite e fa vita prettamente casalinga, con la bellissima moglie Eliana e la figlia Yazmin, lontano dal prototipo del calciatore sudamericano un po’ «loco». La sua «garra», grinta, la si è vista però in campo. Chiedere al tecnico del Modena Cuttone, preso per il collo dal portierone nella rissa seguita al gol blucerchiato, o ai compagni di squadra, cui ha urlato di tutto venerdì scorso durante la gara contro il Varese quando aveva palla in mano e nessuno si muoveva. Certo lui è abituato bene, benissimo, e qui Messi, Aguero e Tevez sono solo un miraggio.

Nonostante la professionalità e la voglia che Romero non lesina mai, facile che ogni tanto, negli ultimi giorni, con lo sguardo un po’ perso nel vuoto si sia domandato «Ma dove sono capitato»? Sognando Messi o, perlomeno, la serie A.

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