La Pozzi regala a Ibsen un’eroina più moderna

L’attrice protagonista della «Donna del mare» diretto da Mauro Avogadro e interpretato anche da Antonio Zanoletti e Graziano Piazza

Laura Novelli

Due donne in una: la prima, votata a un’esistenza tranquilla e a un matrimonio costruito sulla stima e il rispetto reciproci; la seconda, mossa da un’inquietudine ossessiva e irrefrenabile che la rende schiava del passato e di un mai sopito anelito di libertà. Ellida Wangel, la complessa figura femminile tratteggiata da Henryk Ibsen ne La donna del mare (1888), possiede in sé entrambe queste creature e ciò la rende senza dubbio un personaggio estremamente moderno. Non è dunque un caso che le celebrazioni per l’anno ibseniano (organizzate nel nostro Paese in occasione dei cento anni dalla morte del grande autore norvegese) si siano aperte con un allestimento dello Stabile di Torino, ora in cartellone all’Argentina, dedicato proprio a quest’opera e a questo controverso animo femminile. Affidato qui a un’interprete sensibile come Elisabetta Pozzi e avvicinato da una regia che - la firma Mauro Avogadro - attualizza l’ordito della scrittura passandolo al setaccio di sottolineature psicanalitiche e di atmosfere «bergmaniane» che sembrano trovare nel linguaggio la loro più profonda ragion d’essere. Motivo per cui la trama dell’opera (Ellida ha sposato un medico molto più maturo di lei ma vive da tempo in uno stato di forte depressione che la induce a vagheggiare l’antico amore per un marinaio sparito nel nulla; il ritorno improvviso dello Straniero la porrà sul ciglio di una scelta cruciale ma alla fine, inaspettatamente, ella rinuncerà al marinaio per ricongiungersi al marito) si piega a una lettura «di secondo livello» dove sono le parole le autentiche protagoniste. Come se il magma interiore che mette tutti i personaggi in una condizione di fragilità (o di ricerca) rispetto a se stessi e alla loro vita (tanto più la protagonista) dovesse forzare la lingua, la comunicazione, per poter approdare a qualche possibilità di pace e di equilibrio. Ecco giustificata la scelta di puntare su una recitazione assai esteriorizzata e marcata che (erede della solida formazione ronconiana del regista, che proprio accanto a Ronconi ha maturato i suoi primi incontri con la drammaturgia di Ibsen), in alcune figure e in determinati passaggi, rischia di suonare ridondante. Anche la Pozzi (affiancata in scena, tra gli altri, da Antonio Zanoletti, nel ruolo del dottor Wangel, e Graziano Piazza, in quello del professore) si lascia irretire da questa cifra sovraesposta e volutamente artificiosa. In lei, però, restano sempre vivi attimi di pietà, dolore, paura, nostalgia che esulano da qualsiasi disegno esteriore (disegno che, inoltre, la scenografia di Giacomo Andrico traduce con stilizzato simbolismo) e ciò le permette, secondo noi, di rendere Ellida ancora più vera e moderna di quanto non lo sia già in Ibsen. Ellida, in fondo, non strappa la sua realtà come la Nora di Casa di bambola né arriva all’atto estremo di Hedda Gabler.

Piuttosto: prende coscienza di sé e decide da adulta il suo destino solo dopo aver attraversato quel tunnel buio, lacerante e pericoloso che noi, uomini e donne del terzo millennio, chiamiamo assai familiarmente il «male oscuro».
Repliche fino a domenica 26 febbraio. Info: 06-684000345.

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