Prêtre e la Filarmonica, amore a prima vista

Il maestro francese dirige alla Scala due Sinfonie di Bizet e Mahler. Chailly, Chung e Gatti saranno le bacchette di riferimento per i prossimi anni

Elsa Airoldi

Non si sa se Georges Prêtre abbia adottato la Filarmonica della Scala o la Filarmonica della Scala Prêtre. Sta di fatto che da quando lui, il direttore più charmeur e amabile dell’orbe, è riapparso nella sua vita per le prove di Pelléas, l’orchestra sta meglio. Molto meglio. Se da un lato Prêtre non finisce di sottolinearne l’unicità per bravura, disciplina, disponibilità e intuito stilistico, accomunandola solo a una manciata di altre compagini (Filarmonici di Vienna, Parigi, Dresda…), dall’altro i nostri, anche rincuorati da tanto affetto, hanno trovato un presidente nella figura amabile e acuta di Cesare Rimini. Hanno completato il Cda con tre nomi portanti della cultura e della finanza: Arnaldo Pomodoro, Giulia Ligresti e Albertina Marzotto.
Intanto il direttore francese, che ha appena concluso le recite di Debussy, apre la nuova stagione concertistica. Quella che affida alle bacchette di Chailly, Myung-Whun Chung e Gatti le avventure nelle capitali del mondo, a RaiTrade, La7 e Radio3 la divulgazione mediatica. Tiene a battesimo Daniele Gatti, Frans Brüggen e il venezuelano, pupillo di Abbado, Gustavo Dudamel. Ospita Bychkov, Kitaenko e il giovanissimo Ticciati. Oltre che Sawallisch o chi per lui.
Eccolo, Georges Prêtre. Entusiasmo, amore per la vita che ricomincia ogni mattina e non è fatta solo di musica. Karayan, per dire di uno con il quale ha avuto la fortuna di una scherzosa e inusuale confidenza (di chi è la barca più lunga? Di chi l’aereo?) era troppo solo. L’ospite della Sala Gialla va a ruota libera. E sarebbe da raccontare tutto in francese e con i suoi accenti.
Molte espressioni vanno a quella meravigliosa realtà che è la Scala. Un bene che dobbiamo preservare. Oltre al suo amore per Bruckner (“che non era felice con la donne”), e per “Mahlèr” che ha avuto tanta “mahleur”… Qualcuno chiede se l’orchestra scaligera fossa già brava nel ’66. Ovvio che sì. Altri mettono il dito sulla piaga : «Ma alla Filarmonica serve un direttore musicale?». «Certamente. È un purosangue da dressare tutti i giorni… Deve avere chi la forgia, la guida, la comanda e se ne assume la responsabilità...».
Interviene Ernesto Schiavi, il direttore artistico della Filarmonica che sulle prime, portato dal vento della libertà riconquistata, si dichiarava favorevole all’autogestione. Adesso aggiusta il tiro. Certo, un direttore ci vuole. Ma non prima di un periodo di riflessione... E comunque il direttore principale della Filarmonica dovrà essere anche il direttore musicale della Scala... e non è semplice. Insomma ci vorrà tempo. Prêtre sta al gioco. Concorda, non saranno un paio d’anni a rovinare l’orchestra. Ma non più di due. E poi Lissner è l’uomo giusto al posto giusto. Lo spinoso argomento rabbuia l’atmosfera.

Tutti, loro e noi, non desideriamo altro che la gloriosa Filarmonica della Scala continui a restare gloriosa. Anche se oggi come oggi non si vede chi possa, per carisma e disponibilità, averne cura.
Nel programma di lunedì Sinfonia in Do maggiore di Bizet diciasettenne e Sinfonia n.1 in Re maggiore “Titan” di Mahler.

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