Prada e Ferragamo, la Borsa resta di moda

Prada e Ferragamo, la Borsa resta di moda

da Milano

Quando Prada e Ferragamo, più o meno contemporaneamente, hanno annunciato l’intenzione di andare in Borsa entro il 2008, parlare di «derby delle griffe» si è rivelata una tentazione irresistibile. E adesso, soprattutto alla luce della crisi dei mercati, ci si chiede chi taglierà per primo il traguardo di Piazza Affari. Ma ogni speculazione è destinata, almeno per il momento, a rimanere tale.
Nessuna delle due maison, infatti, ha fissato ancora una data precisa, anche se nel calendario delle prossime Ipo, per entrambe, è indicato lo stesso periodo di massima: tra giugno e luglio 2008. I lavori preparatori tuttavia continuano, nonostante le ventate di crisi che scuotono i mercati e che hanno indotto altre aspiranti matricole a rinviare o sospendere i progetti di quotazione. In particolare, il settore del lusso, dopo un periodo di crescita a doppia cifra, è tra i più colpiti dalle vendite. Tra le griffe italiane, Bulgari ha perso il 27,7% da inizio anno al 20 marzo; Tod’s, nello stesso periodo, il 25,2%; Luxottica da inizio anno è a meno 32,1 per cento. E la minaccia di recessione, che dagli Usa arriva all’Europa, non si allontana: tuttavia, l’Asia, la Russia e il Medio Oriente dei petrodollari continuano a crescere a ritmo sostenuto, e a riempire di «turisti del lusso» le boutique del made in Italy.
Lo dimostrano i dati dell’ultimo Mipel, la fiera internazionale di riferimento per l’intero settore della lavorazione della pelle, che si è svolta a Milano dal 26 febbraio al 2 marzo, con un afflusso di 18.251 operatori, stabili rispetto all’edizione del marzo 2007. Il previsto calo dagli Stati Uniti è stato compensato dagli operatori provenienti dalla Russia, in aumento dell’11%, e dal Giappone, uno dei mercati di riferimento, con una crescita del 5,4% dei visitatori.
E proprio la pelle, dalle scarpe alle borse, ha fatto la fortuna delle due matricole di lusso che, anagraficamente, hanno più o meno la stessa età. La Salvatore Ferragamo, che porta il nome dal fondatore, il «calzolaio delle dive», si prepara a festeggiare gli ottant’anni, il prossimo 28 marzo, con un evento a Shanghai: ed era addirittura il 1913 quando Mario Prada apriva la sua valigeria artigianale in Galleria Vittorio Emanuele. Ma la svolta fashion, per il marchio milanese, è molto più recente, e risale agli anni Settanta, con la nascita del sodalizio, coniugale e aziendale, tra Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, la stilista e l’amministratore delegato.
Dal punto di vista della fama i due marchi sono comparabili, celebri come sono in tutte le piazze della moda, da New York a Tokio, ma non lo sono per dimensioni. Il gruppo Salvatore Ferragamo, guidato dall’ad Michele Norsa, ha chiuso il 2007 con un utile netto pari a 47,1 milioni, in ascesa del 34,2% rispetto ai 35,1 del 2006. I ricavi si sono attestati sui 687,4 milioni (più 6,5% a cambi correnti e più 11% a cambi costanti), mentre l’utile operativo è risultato pari a 77,4 milioni (più 54,4%). La ripartizione dei ricavi per area geografica vede l’Europa al 25,5%, il Nord America al 26,4% e l’Asia al 25,6%.
Prada, che archivia il bilancio al 31 gennaio, ha reso noti finora soltanto i conti del primo semestre 2007, chiusi con 811,5 milioni, in crescita del 23% a cambi costanti e del 18% a cambi effettivi, e con un margine operativo lordo pro forma di 140 milioni, più 40% rispetto al primo semestre 2006. Le stime finali sono di superare i 280 milioni per l’intero anno, considerato che nel mondo del lusso il secondo semestre è il più redditizio, e attestarsi oltre gli 1,6 miliardi di ricavi, bilanciati tra Nord America, Europa e Asia - l’Italia pesa per il 25% circa -, il che dovrebbe «ammortizzare» l’effetto recessione negli Usa: situazione con cui, del resto, Bertelli aveva già dovuto confrontarsi nel 2001, quando era stato costretto a rinviare sine die il primo progetto di quotazione.


E a Piazza Affari quanto possono valere le due «rivali»? Le stime per il marchio fiorentino oscillano tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi, mentre per Prada si parla di 5 miliardi. Ma la valorizzazione effettiva, naturalmente, dipenderà dalle condizioni dei mercati finanziari.

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