Roma - Incassata la sconfitta sul welfare, Rifondazione torna a premere per una «verifica» con la maggioranza per «ricontrattare il programma», e lancia l’idea di un «referendum» nella propria base per decidere se restare o meno nel governo Prodi.
Il referendum ipotizzato dal segretario Franco Giordano dovrebbe tenersi l’anno prossimo, dopo che sarà chiaro non solo l’esito della verifica ma anche dove va a parare la trattativa sulla legge elettorale. «Sono due piani strettamente intrecciati», spiega Giordano. Ma è chiaro che il secondo tema sarà decisamente prevalente, perché il Prc vuole incassare la certezza di una riforma che garantisca la nascita della Cosa rossa e la fine delle coalizioni «coatte». Obiettivo che condivide con Veltroni assai più che con Prodi.
Ma tutta l’Unione è in grande agitazione sulla legge elettorale. All’indomani del vertice notturno del Partito democratico, che nonostante le resistenze del premier ha dato sostanzialmente via libera al dialogo con l’opposizione condotto da Walter Veltroni, i partiti minori del centrosinistra (Udeur, Verdi, Sdi in testa) sono scesi sul piede di guerra. Durante una riunione di maggioranza che avrebbe dovuto occuparsi degli emendamenti alla Finanziaria, hanno incalzato i rappresentanti del Pd e del governo, minacciando rappresaglie parlamentari se non verrà convocato un summit di tutta la coalizione per «capire cosa stia accadendo sulla riforma elettorale e per ripristinare il metodo del confronto interno alla coalizione», come dice il mastelliano Fabris.
Sotto accusa è naturalmente Walter Veltroni e il suo «inciucio» (il primo a chiamarlo così è stato Prodi, in verità, ma i cespugli unionisti rilanciano) con Berlusconi su un sistema elettorale che minaccia di cancellare le sigle minori.
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