Il precario non ha licenza di uccidere

I miei genitori mi hanno cresciuto un po’ all’antica, per essere degli anni Sessanta. Mi dicevano che ci sono uomini buoni e cattivi, onesti e delinquenti, rispettosi e irrispettosi, studiosi e fannulloni.
Alcuni utili, altri deprecabili.
Poi c’erano altri aggettivi. Uno di questi era precario.
Il lavoratore precario era uno che andava a lavorare il lunedì senza sapere se avrebbe avuto ancora un lavoro al venerdì.
Ad esempio i proprietari dei negozi di Sestri Ponente invasi dal fango sono precari. Gli imprenditori del Veneto sommerso dalle acque o dell’Aquila terremotata sono precari. Le centinaia di giovani avvocati non-figli-di che non trovano più un cliente e si barcamenano con qualche decreto ingiuntivo per pagare la luce dello studio sono precari.
Poi c’è anche, circa, il 10% dei dipendenti italiani perché, come è bene ricordare, il rimanente 90% è oggi assunto a tempo indeterminato.
Recentemente, però, il termine precario ha abbandonato il suo essere aggettivo ed è diventato una sorta di identificativo giustificativo.
Il tizio che ha preso cinque metri di rincorsa per sfondare col casco il cranio ad un quindicenne non è buono o cattivo, pizzaiolo o studente, rispettoso o delinquente. Prima di tutto è un precario.
Colui che ha dato fuoco al negozio di ottica di Piazza del Popolo a Roma non è un incendiario, è un precario. Il titolare, invece, non lo è più. Lo era fino a qualche minuto prima ma ora, grazie al suo ex-collega che gli ha distrutto il locale, è passato direttamente a disoccupato. Pure pieno di debiti fino agli occhiali.
Il ricercatore che partecipa ai talk show in Tv dai tetti non sappiamo se sia un Einstein in fieri o un incommensurabile idiota parassita che occupa abusivamente un posto in università. Ciò che sappiamo con certezza dai media è che è un precario. Il Precario.
Essere precari è diventata una catarsi purificatrice da ogni regola del vivere civile che vorrebbe, come minimo, non distruggere l’altrui persona o proprietà.
Essere il precario autorizza a pretendere da altri, non a costruirsi, un futuro.
Buon giorno, sono il Precario! E sbam! Una mazzata! Fiam! Un bell’incendio! Strapp! I libri da Mondadori! Pscht! Due belle scritte contro i tagli alla cultura a rovinare il muro del monumento più vicino.


Applausi degli astanti, compiaciuta comprensione di semipolitici e similpreti in un nostalgico déjà vu di piazza per interposta persona di vecchi tromboni irrealizzati.
Tanti anni fa in Francia, la culla delle rivoluzioni, un tizio soprannominato Voltaire predicò per i posteri il rispetto delle altrui idee sopra ogni cosa.
Era un filosofo.
Precario.

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