Il prefetto: «Stiamo cercando di velocizzare le espulsioni»

Mosca: sull’emergenza casa bisogna limitare le tensioni sociali, ascolteremo anche i proprietari

Da quando si è insediato, due mesi fa, il prefetto Carlo Mosca si è ritrovato tra le mani una serie di patate bollenti: dall’invasione dei romeni agli sgomberi dei campi nomadi, dalle violenze degli ultrà all’emergenza abitativa.
Cominciamo dalla sicurezza: le tanto invocate espulsioni si contano, finora, sulle dita di una mano monca.
«In merito all’allontanamento di persone, sia comunitarie, sia extracomunitarie ritenute pericolose per l’ordine pubblico, e consentito dal pacchetto sicurezza approvato all’indomani dell’omicidio Reggiani, stiamo cercando di imprimere un ritmo sempre più veloce a questo tipo di provvedimenti. Ma non è facile: si tratta di un iter che necessita di alcuni passaggi obbligati. Occorre rispettare una serie di regole che sono state fissate, bisogna rintracciare i delinquenti, richiedere per queste persone il nulla osta alla magistratura, chiedere la convalida del provvedimento e, infine, organizzare il loro allontanamento. Per tacere, ovviamente, della possibilità di fare ricorso contro le espulsioni, che allunga ancora di più i tempi».
E senza contare che, una volta espulsi, non si può impedire che dopo due giorni facciano rientro in Italia...
«Questo è vero ma, almeno nell’esempio che lei fa, abbiamo la possibilità di adottare provvedimenti che hanno effetti immediati».
Lei ha già “archiviato” il progetto dei cosiddetti villaggi della solidarietà, contenuto nel patto per la sicurezza firmato il 18 maggio scorso. Come intende muoversi sul fronte nomadi?
«Ne ho parlato, ovviamente, anche con il sindaco Veltroni. Secondo me, l’idea di realizzare quattro enormi agglomerati in grado di ospitare migliaia di persone, a prescindere dalla loro localizzazione, almeno per il momento è impraticabile. E lo sarà fino a quando non troveremo il modo di individuare e punire chi sistematicamente commette reati. Se lasciassimo in giro i delinquenti, questi spadroneggerebbero all’interno dei villaggi».
Ma intanto che si può fare?
«Quello dei nomadi, purtroppo, è un problema che si è sedimentato nel corso degli anni. Andrebbe affrontato in un’ottica nazionale. Se fosse possibile distribuirli su tutto il territorio italiano, le loro aggregazioni diverrebbero talmente piccole da non destare alcuna preoccupazione».
Qualcuno ha parlato di arrendevolezza nei confronti degli ultrà.
«Per carità. Carabinieri e polizia avevano tutti i mezzi per reagire con durezza, quella domenica. Ma avevamo la pesante responsabilità di evitare che negli scontri ci scappasse magari un altro morto e parecchi feriti. Ci siamo riusciti ed è questo quello che conta».
Sull’emergenza-casa le associazioni della proprietà l’accusano di aver elevato a rango di interlocutrice istituzionale Action e di aver bloccato la concessione della forza pubblica per l’esecuzione degli sfratti.
«Action può raccontare quello che vuole. Il mio primo impegno è per il rispetto della legalità. Certo, la situazione di migliaia di sfratti che incombono richiederebbe soluzioni dal Parlamento, che dovrebbe legiferare, e dagli enti locali, che dovrebbero dedicare più attenzione all’edilizia popolare.

Come per altre questioni, il mio dovere è quello di svolgere un ruolo di mediazione per evitare che si acuiscano le tensioni sociali. Ma sono pronto a incontrare anche il coordinamento delle associazioni dei proprietari perché è giusto garantire i diritti e gli interessi legittimi di ognuno».

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