Premier tra due fuochi: siamo al ridicolo

da Roma

«Sarà una lunghissima notte», dicono a Palazzo Chigi. Una notte che dovrebbe finalmente partorire, oggi, almeno «l’impianto» dell’intesa con i sindacati sullo scalone, che Prodi vorrebbe portare domani in Consiglio dei ministri.
Alla vigilia della sospirata firma, però, le cose sembrano tornate in alto mare. Rifondazione ieri pomeriggio denunciava un «effetto Bonino» sulla trattativa, che ha portato il governo ad «indurire» la linea e a mettere condizioni «che possono far saltare il banco». Il ministro radicale, con il suo affondo contro la sinistra massimalista, ha riattizzato il malessere dell’ala riformista dell’Unione: ieri, racconta chi segue da vicino la tela di Penelope della trattativa, il più scatenato nel placcare il governo contro i cedimenti era Tiziano Treu, per conto della Margherita di Francesco Rutelli. Intanto, da fuori, Marco Pannella, divertendosi un mondo per lo scompiglio creato, invitava Prodi a «fare come Craxi sulla scala mobile» e chiedeva la convocazione di vertici di maggioranza per ottenere «un confronto politico vero tra le diverse ipotesi in campo». Il premier, preso tra l’incudine e il martello, cerca di guadagnare tempo: la discussione avverrà nel Consiglio dei ministri, ma questo «non esclude» altre possibili iniziative. L’importante, per Prodi, è chiudere al più presto una vicenda che «sta arrivando al ridicolo», come sbottano dalle parti del ministro Damiano. Sa che i sindacati, pur di uscire dal logorante tormentone, sono pronti a firmare, ma che Rifondazione non può far passare il messaggio che alla fine i rigoristi l’hanno avuta vinta. Il problema «è tutto politico», dicono dalle centrali sindacali, e va ben al di là del surreale dibattito sulle «quote». È una partita a scacchi su chi potrà intestarsi il risultato del pastrocchio sullo scalone, sinistra da una parte e moderati dall’altra.
«Rifondazione sta alzando il tiro perché ha capito che non possiamo sbracare: non ci sono le condizioni economiche, e non ci faremo mai fare la crisi da Dini», spiegano a Palazzo Chigi. E proprio Dini (che a differenza dei radicali al Senato conta sul suo voto e anche su altri) avverte: «Dalla Bonino è arrivato un grosso segnale d’allarme, se ne tenga conto». Il capogruppo verde Bonelli lamenta: «Ormai siamo all’autolesionismo puro, così non si può andare avanti». Clemente Mastella avverte: «Se salta la maggioranza sulle pensioni noi siamo fuori dal governo». Nell’aula di Palazzo Madama intanto scoppiava la bagarre: si votava la legge comunitaria e la titolare delle Politiche europee non era in aula a dare il parere sugli emendamenti.

La Cdl è insorta contro il ministro radicale, ma alle proteste si sono aggiunti anche senatori della sinistra: «La Bonino presti a questo dibattito la stessa attenzione che presta alla trattativa sulle pensioni», ha tuonato il capogruppo Prc Russo Spena. Alla fine la seduta è stata sospesa e rinviata a oggi.

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