Per il premier non è finita: "Adesso riformiamo il lavoro"

Monti spiega la manovra al Parlamento: "Non fare sacrifici ora significa doverne fare di peggiori più avanti". Accordo Berlusconi-Bersani-Casini: pochi emendamenti

Per il premier non è finita:  "Adesso riformiamo il lavoro"

Roma - Monti porta al Quirinale la sua manovra da 30 miliardi lordi perché il capo dello Stato la valuti e poi scende in Parlamento per illustrarla. Prima alla Camera e poi al Senato. Agli onorevoli, in un’Aula nient’affatto gremita, il premier, consapevole di dover far digerire bocconi amari, spiega che il momento è drammatico: «Non fare sacrifici oggi vuol dire farne di ben più gravi tra pochi giorni o poche settimane». Chiaro riferimento che qui a rischiare non c’è soltanto l’Italia ma l’euro intero. È esplicito, il Prof: «Al di fuori dell’euro, e misuro le parole, ci sono il baratro della povertà e della stagnazione, il crollo dei redditi, del potere di acquisto, il prosciugamento delle fonti del credito, l’isolamento e soprattutto l’assenza di futuro per il Paese e le giovani generazioni. Non esiste alternativa». E ancora: «L’Italia è in una situazione di emergenza che mette a rischio il benessere conquistato in 60 anni da quattro generazioni». Il tasto drammaticità funziona: «La riduzione del debito pubblico è una esigenza totale. E ogni deviazione rischia di far sprofondare il Paese in un abisso; l’esempio della Grecia è vicino». Tuttavia, «siamo certi che il Paese non fallirà». Poi giura: «Con queste misure saremo più forti e credibili in Europa». Misure che dovrebbero passare con pochi emendamenti concordati da un patto tra Pdl, Pd e Terzo polo.

Da economista, Monti sa che il problema è la crescita da lumaca del Paese: «La crescita mancata è dovuta alle riforme mancate. E senza crescita l’equilibrio dei conti pubblici non sarebbe sostenibile». Soppesa le parole, il premier, e a Berlusconi, seduto nei banchi del Pdl, si rivolge con un «come il presidente del Consiglio Berlusconi sa bene...»; respinge le accuse di lentezza: «Abbiamo varato una manovra in 17 giorni - dice - mentre in passato la media è stata di 5 settimane».

Mentre Berlusconi e Bossi in Aula quasi si ignorano, Monti illustrare la sua ricetta annunciando il cammino del suo governo per quanto riguarda lo Stato sociale e il costo del lavoro: «Il tema dell’ammodernamento dei sistemi di welfare» è la materia che «ovviamente necessita in misura maggiore del negoziato con le parti sociali», spiega Monti in Senato. Che poi aggiunge: «Quello del lavoro sarà il prossimo cantiere che partirà tra qualche giorno». Quanto ai sindacati, graffia: «Il tempo diceva che non dovevamo appesantirci troppo con un sistematico dialogo su tutto, perché l’interlocutore nostro è il Parlamento». Tuttavia difende il suo metodo di lavoro: «Il governo ha tenuto conto delle esigenze di parti sociali e partiti». Sullo sviluppo giura: «Il Cipe domani (oggi, ndr) sbloccherà opere infrastrutturali per un ammontare di 5,2 miliardi di euro». In mattinata, invece, durante l’incontro con la stampa estera, il premier parla del suo governo: «Non abbiamo le mani legate dal Parlamento più che altri governi», giura. E poi annuncia: «Sui costi della politica procederemo ben al di là di quello che abbiamo fatto ieri». E sugli probabili effetti recessivi della manovra, Monti si difende così: «L’economista può avere questa preoccupazione; tuttavia se gli interventi fanno scendere i tassi e lo spread, questo crea più sollievo di quanto i provvedimenti possano avere come effetto recessivo».

Poi si toglie lo sfizio di pungere chi aveva polemizzato sulla sua presenza a Porta a Porta questa sera: «Prima di fare una breve apparizione da Vespa io avrò parlato pubblicamente in diverse occasioni: in un breve

messaggio agli italiani, poi una lunga conferenza stampa, oggi sono qua con voi, alle 16 sono alla Camera, alle 18 in Senato. C’è stata un’onda di eccitazione psicodrammatica di chi non aveva presenti questi precedenti sacri».

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