Laura Cesaretti
da Roma
Tutti le escludono, ma tutti ne parlano. Tutti, nellUnione, giurano che le «larghe intese» non esistono, sono una «sciocchezza» (DAlema), una «proposta assurda» (Palermi, Pdci), una «polpetta avvelenata» (Cento, Verdi). E Fassino, nel ruolo di azionista di maggioranza del governo, si prende lonere di spiegare che si tratta di unipotesi politicamente impercorribile, e che se cade Prodi si vota.
Il che però fa capire che la possibilità di una «caduta» del premier non viene esclusa. E la grande agitazione che pervade la sinistra dellUnione, a cominciare da Rifondazione, dimostra che sullorizzonte del centrosinistra si accumulano nubi minacciose: nessuno sa prevedere se e quando si scatenerà il temporale, ma tutti scrutano preoccupati il cielo. Non è tanto la scadenza ravvicinata della Finanziaria a spaventare, fin lì a forza di mediazioni la coalizione dovrebbe tenere. È al dopo che si guarda, al braccio di ferro che si aprirà inevitabilmente tra moderati e radicali quando comincerà la temuta «fase due». Ieri lo ha spiegato chiaro Lamberto Dini, in unintervista che ha alimentato assai lallarme al Senato. «La battaglia più dura si avrà nel 2007, quando si dovranno fare le riforme». Sulle quali invita il governo a «procedere senza incertezze», perché «potrà avere una maggioranza ben più ampia dellattuale». E proprio su questo il segretario di Rifondazione risponde con un colpo di avvertimento: «Siamo contrari alle larghe intese, ma anche ad un governo dellUnione che faccia la politica delle larghe intese». Traduzione: non si pensi di votare le riforme (pensioni, privatizzazioni) a maggioranze variabili, imbarcando voti dalla Cdl per rendere inoffensivi i veti della sinistra. Altrimenti il governo salta.
La «fase due», comunque la si voglia chiamare, non si deve aprire, avverte Rifondazione. Sullinnalzamento delletà pensionabile il ministro Ferrero alza le barricate. «Il fatto che Ferrero affermi che anche la maestra dasilo fa un lavoro usurante fa capire che margini di trattativa ce ne lasceranno assai pochi», osserva il ds Cuperlo. E intanto il capo dei senatori Prc Russo Spena lancia un altro ultimatum: «Se il ddl Lanzillotta sulle privatizzazioni dei servizi comunali non verrà cambiato radicalmente non lo voteremo né ora né mai». La risposta di Antonio Polito, della Margherita, prefigura lo scontro prossimo venturo: «Quel ddl è un banco di prova essenziale per la maggioranza, se vuole tener fede alla promessa di riforme radicali con cui si è presentata alle elezioni».
È già chiaro dunque che Prodi si trova in mezzo ad una tenaglia, che vede da un lato lala destra dellUnione, assieme alla Ue (vedi avvertimenti di Almunia sulle riforme), ai mercati, alle agenzie di rating e allestablishment; e dallaltra la sinistra e i suoi voti, indispensabili per mantenere in vita la sua coalizione. Per ora i suoi tentano di minimizzare: «Non dobbiamo fare una riforma delle pensioni», solo «eventuali correttivi», assicura il ministro Santagata.
Premier stretto nella tenaglia tra Rifondazione e i riformisti
Diktat del Prc su pensioni e privatizzazioni Ma Ds e Margherita: niente passi indietro
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