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«Prenderemo Harry in Irak e gli taglieremo le orecchie»

Il nipote di Elisabetta, sottotenente, servirà per sei mesi l’esercito inglese in Mesopotamia. Un ufficiale: chi gli è vicino, rischierà la vita

La nuova parola d’ordine è «Salvate il principe Harry». Per gli insorti iracheni la sua è già la testa più ambita. Per gli ufficiali e i servizi segreti di Sua Maestà in Irak è la peggiore grana in quattro anni di guerra. Un incubo regale pronto a materializzarsi sulle piste di Maysan, l’angolo più insidioso dell’inferno costato la vita, nell’ultimo mese, a dieci soldati britannici. Il sottotenente Harry a rinunciare manco ci pensa. Lui, noblesse oblige, ripete di non poter «tirar il culo indietro» e di non veder l’ora di partire. I suoi nemici aspettano solo di dargli il benvenuto. Anzi non vedono l’ora di fargli la festa. «Abbiamo già stampato le sue foto da internet, i nostri combattenti e i nostri cecchini aspettano con ansia quel giovane principino, bello e viziato, speriamo d’incontrarlo quanto prima... Saremo generosi con lui e lo restituiremo alla nonna, ma prima gli daremo una tagliatina d’orecchie», promette Abu Zaid, conosciuto e temuto comandante della guerriglia sciita dell’esercito del Mahdi nella zona di Maysan.
L’appuntamento è già fissato. Il secondogenito di Carlo e Diana, terzo erede al trono in linea dinastica, sbarcherà in terra irachena alla fine di maggio alla testa di quattro cingolati Scimitar e undici cavalleggeri dei “Blues and Royals”. Da quel momento e per sei interminabili mesi il principale problema dello stato maggiore di Bassora sarà farlo tornare a casa incolume. Per riuscirci i generali rischiano di dover destinare l’intero contingente alla sua sicurezza. «Dovunque vada attirerà il fuoco del nemico su chiunque lo circondi», spiega un ufficiale veterano del fronte iracheno sintetizzando il nervosismo degli alti comandi. La magnitudo della “grana Harry” è difficile da ridimensionare anche per i diplomatici portavoce del ministero della Difesa. «Non abbiamo mai nascosto la sua partenza, non ci siamo mai illusi di poter tenere segreto il suo arrivo, è inevitabile – ammettono - che venga considerato uno scalpo d’alto profilo».
La previsione è confermata dalla guerriglia. Nei suoi covi tutto sembra pronto per la grande caccia alla volpe Harry. L’eccitazione per quella preda di alto lignaggio ha persino convinto gli sparuti gruppi sunniti del Sud a metter da parte l’odio etnico e ad allearsi con gli sciiti. «Gli stiamo preparando un benvenuto molto speciale, sullo stile di quello riservato tanti anni fa a Leachman», spiega Abu Samir, comandante della milizia sunnita “Thar Allah” (Vendetta divina) ricordando l’uccisione nel 1920 del colonnello britannico Gerard Leachman trucidato da uno sceicco iracheno. Abu Samir, comandante con un passato da ufficiale di Saddam, ha già ordinato a tutti gli infiltrati nelle basi inglesi di accertare la sistemazione del principino e le misure di sicurezza preparate per difenderlo. «Ormai la sua faccia è come quella di Zidane e Ronaldinho, tutti la conoscono, lo troveremo – assicura - e lo cattureremo dovunque lo mettano».
Abu Ahmed, un altro comandante dell’Esercito del Mahdi, garantisce invece che presto «un rivolo di sangue blu scorrerà nel deserto». Per ora le minacce degli insorti non scuotono le imperturbabili certezze britanniche.

Gli impassibili funzionari del ministero della Difesa di Londra assicurano che i piani non cambiano e ripetono che la migliore garanzia per la sicurezza del sottotenente Harry saranno le armi dei suoi undici cavalleggeri.

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