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«Preparava attentati»: arrestato l’imam di Varese

da Milano

Avrebbe partecipato ad atti di terrorismo nel suo Paese, il Marocco. Così Abdelmajiid Zergout, l’imam della moschea di Varese, è tornato in carcere. L’avevano arrestato una prima volta i giudici italiani nel 2005; ora l’ordine di custodia arriva dal Marocco e le nostre autorità si sono solo preoccupate di eseguire il provvedimento. La Procura del re presso la corte d’Appello di Rabat gli contesta l’associazione a delinquere finalizzata ala preparazione e alla commissione di attentati terroristici; la banda armata finalizzata alla sovversione dell’ordine pubblico; il finanziamento del terrorismo. Così, fra le polemiche, l’imam è di nuovo in cella, a Varese, e da lì lancia un appello al ministro Roberto Maroni: «È una grande ingiustizia. Maroni è di Varese e abita vicino alla moschea. Chieda agli italiani, ai miei vicini. Sono più di dodici anni che vivo lì, mi conoscono personalmente. Uno può fare finta un giorno, un anno, ma tutto questo tempo no. Laggiù in Marocco, come minimo, mi butteranno in carcere anche se non hanno nulla contro di me: temo le loro torture».
Quella di Zergout è una storia che la dice lunga sulle difficoltà nella lotta al terrore: gli italiani lo arrestano già nel 2005 perché sospettano che abbia creato nel nostro Paese una cellula del Gruppo islamico combattente marocchino, responsabile fra l’altro degli attentati di Casablanca nel 2003. Al processo però le prove di cui aveva parlato l’accusa non saltano fuori: le rogatorie verso Marocco e Francia non hanno risposta, il banco dei testimoni dell’accusa rimane vuoto e silenzioso, gli imputati - Zergout e due suoi amici - vengono assolti il 24 maggio 2007 e scarcerati. Anzi, la Corte dei diritti dell’uomo blocca anche l’espulsione verso il Marocco. Zergout non lascia la sua casa di Malnate e qui viene arrestato dalla Digos nel fine settimana. Ora il suo destino è nelle mani della Corte d’appello di Milano che nelle prossime settimane deciderà sull’estradizione.

Per l’avvocato Luca Bauccio, «l’accusa di terrorismo è stata prevedibilmente fabbricata ad hoc se consideriamo che l’imam non mette piede in Marocco da dieci anni, il Marocco opera fuori dalle regole proprie di uno stato di diritto»; la Digos, intanto, esaminerà il suo computer portatile e la Procura di Varese farà tradurre il materiale in lingua araba sequestrato nella sua abitazione.

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