Lo si sapeva già: risultati ufficiali delle elezioni presidenziali afghane hanno retrocesso il presidente uscente Hamid Karzai da vincitore a mezzo vincitore. Costringendolo, con il 49,7% dei voti confermati dopo lannullamento dei risultati di ben 210 seggi, a un ballottaggio con il suo principale rivale Abdullah Abdullah che ieri è stato ufficializzato: si terrà il 7 novembre.
Ma la giornata di ieri è stata caratterizzata da unaltalena di notizie che hanno configurato un vero giallo rispetto al futuro istituzionale dellAfghanistan. Più volte, infatti, è stata diffusa la notizia del raggiungimento di un accordo tra Karzai e Abdullah per la formazione di un governo di unità nazionale, che avrebbe evitato il ricorso alle urne e i rischi ad esso connessi. La notizia sembrava credibile, basti pensare ai concreti problemi di organizzare un nuovo turno elettorale con il gelido inverno afghano già cominciato, ma soprattutto alle pressioni degli ambienti Nato, preoccupati del moltiplicarsi delle difficoltà sul terreno che il ballottaggio implica. Sulla carta un compromesso tra i due rivali sembrava dunque opportuno.
Era stato Abdullah a far balenare per primo questa ipotesi. Ieri il suo portavoce aveva espresso la disponibilità dellex ministro degli Esteri a un governo di compromesso ad interim, che servisse insomma a traghettare lAfghanistan oltre linverno, ma soltanto se il secondo turno elettorale non dovesse svolgersi entro le prossime settimane a causa di problemi organizzativi o di sicurezza. No deciso, invece, a un governo di coalizione o a un esecutivo che preveda la suddivisione dei poteri.
Per alcune ore questa soluzione transitoria è parsa realistica, poi è arrivata la notizia: il prossimo 7 novembre si terrà il ballottaggio. Karzai, sottoposto evidentemente a fortissime pressioni internazionali, prime fra tutte quelle americane condotte dal presidente della Commissione Esteri John Kerry, ha fatto buon viso a cattivo gioco e ha accettato di affrontare nuovamente gli elettori. Rimane in fondo il favorito e a queste nuove condizioni sa di poter contare sullappoggio dellOccidente assai più che nel recente passato. Subito si è infatti levato un coro di elogi, dall«importante passo avanti» di Obama al «grazie Karzai» di Sarkozy.
Restano sullo sfondo rischi enormi.
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