Politica

Pressing dell’Unione. E Casini apre al dialogo: "Regole da riscrivere"

Fassino: ciascuno si assuma le sue responsabilità. L’Udc: niente vincoli di coalizione. Fini si schiera con Berlusconi e nega polemiche

Pressing dell’Unione. E Casini apre al dialogo: "Regole da riscrivere"

Roma - «Politicanti» chi? «Noi no - si affretta a precisare Gianfranco Fini -. Berlusconi non ce l’ha con noi. Ho letto le sue dichiarazioni e non ci ho trovato nulla di polemico. Non ha detto quelle cose e comunque non si riferiva a noi». Sulla legge elettorale An dunque s’allinea al Cavaliere. «C’è una soluzione possibile, auspicabile e rapida - spiega Altero Matteoli -. Dei ritocchi al premio di maggioranza al Senato per garantire più governabilità possono essere apportati senza difficoltà». Non si allinea invece Pier Ferdinando Casini: quando parla di «politici politicanti», Berlusconi forse pensa proprio a lui. «Sulla riforma elettorale - ammette l’ex presidente della Camera - ho un’idea diversa da Berlusconi. Io sono per il sistema tedesco, che con lo sbarramento al cinque per cento ha dato buoni frutti e ha evitato che in Germania ci fossero 22 partiti. Certo, non è il principale problema italiano, come l’economia, le pensioni e la disoccupazione. Ma non credo che sia un falso problema. Mi auguro che non ci siano vincoli di schieramento da una parte o dall’altra perché questa è la condizione per raggiungere un accordo di alto profilo».
Ieri l’incontro tra il ministro Chiti e i dirigenti della Margherita, martedì il vertice tra la Lega e l’Udc: nel mezzo, contatti e abboccamenti vari. Le aperture di Romano Prodi hanno rilanciato l’idea di una riforma elettorale, ma la vera partita tra i proporzionalisti e i difensori del bipolarismo deve ancora cominciare. Nonostante le parole di scetticismo del leader della Cdl, Vannino Chiti ritiene che «ci sono le condizioni per un’intesa anche senza una nuova Bicamerale». Perché tanto ottimismo? «Perché tutti si sono detti favorevoli alla riduzione del numero di deputati e senatori e al rafforzamento del presidente del Consiglio. La cosa importante è avere un accordo politico preciso e far lavorare le commissioni. La maggioranza non basta, però nessuno ha diritto di veto».
OFFENSIVA DS
Ciascuno, incalza Piero Fassino, «deve assumersi le proprie responsabilità». «Una buona legge - sostiene - deve essere condivisa. Noi siamo intenzionati ad aprire un confronto per arrivare a un sistema che dia maggiore stabilità al Paese. E non è un falso problema visto che il centrodestra, pur di minare la governabilità, ne ha approvata una pessima alla vigilia delle elezioni». Votare ancora con queste norme, afferma il segretario della Quercia, sarebbe un errore: «Tutto si giocherebbe di nuovo in quattro-cinque regioni per l’attribuzione del premio di maggioranza. Anche se vincesse la Cdl, al Senato ci sarebbe un equilibrio instabile come oggi». E secondo Pierluigi Bersani «solo un malintenzionato o un demente poteva immaginare una legge così». «Berlusconi vuole andare al voto senza modifiche? - si chiede Massimo D’Alema - Bene, lo spieghi ai suoi alleati».
MARGHERITA PRUDENTE
Dario Franceschini ricorda che «va comunque coinvolta l’opposizione» e Francesco Rutelli dice che «prima» il centrosinistra deve mettere sul tappeto un testo comune: «Se ne riparlerà nelle prossime settimane». L’Ulivo infatti è ancora diviso: Ds e Margherita, con il modello tedesco, avevano gettato un ponte verso Lega e Udc, ma Prodi ha bloccato la manovra. Per Antonio Di Pietro «meno partiti ci sono e meglio è». Pure il Prc, dice Franco Giordano, «è per il sistema tedesco». Il capogruppo verde Angelo Bonelli avverte invece che «la legge elettorale deve garantire la governabilità ma anche la rappresentanza». Mauro Fabris, Udeur, invita «a pensare meno alla legge elettorale e più ai redditi delle famiglie». Ma Enrico Boselli avverte: «Se Prodi non riuscirà a incardinare rapidamente la riforma, il destino del governo sarà segnato».
La Cdl, come spiega Lorenzo Cesa, «aspetta la proposta della maggioranza».

Ma che sia una proposta vera, aggiunge Ignazio La Russa: «Siccome non serve riformare la Costituzione, Prodi non pensi di fare la telefonata che allunga la vita».

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