Quell’Ambiente non dev’essere salutare se la Prestigiacomo come prima uscita nel giorno del suo insediamento al ministero non trova di meglio che dire: «Ringrazio tantissimo Alfonso». Alfonso è Pecoraro Scanio, l’uomo che è riuscito nell’incredibile impresa di dissolvere il proprio partito - la Sinistra arcobaleno - e la sua stessa immagine di ministro, che oscilla fra le lampadine ecologiche e le flessioni sulla spiaggia a beneficio dei fotografi, fra i niet alle cave e le risate nelle cattedrali durante i funerali di Stato.
Abbiamo pensato che si trattasse di un atto di parossistica galanteria e subito dopo che fosse una beffa, una sottilissima, raffinata, e un tantino perfida declinazione di ironia siciliana. Perché certo non potevamo credere che la Prestigiacomo fosse sincera quando ha lodato il suo predecessore: «Ha fatto tanto in questi due anni e per questo motivo con lui intendo mantenere un rapporto». O quando ha rivelato: «Abbiamo già discusso di una serie di problemi».
Perbacco. E di cosa, di grazia? Di come sottrarre incentivi agli inceneritori durante l’emergenza rifiuti? Di come proibire i rigassificatori senza i quali l’Italia diventa schiava degli oleodotti? Solo al pensiero di un’affinità del genere ci tremavano le vene dei polsi. Forse per il tono, o per la prospettiva infausta. Non era dunque un paradosso sciasciano, e nemmeno una nota di pessimismo brancatiano, quello della Prestigiacomo, ma un autentico moto di fascinazione per l’uomo rifiutato anche nelle piazze dei suoi comizi. Non pretendevamo certo la scortesia istituzionale, ma una via di mezzo fra il fair play e l’inciucio, quella sì.
Ci sono state, in questo rituale del passaggio di consegne, alcune rimarchevoli differenze fra i diversi leader. La Pollastrini ha fatto trovare sul tavolo del suo successore un grazioso mazzo di fiori, ma non ha cercato improbabili conciliazioni inciucistiche. Ignazio La Russa ha fatto i complimenti ad Arturo Parisi, definendolo «il miglior ministro del governo Prodi», ma non si è fatto dettare da lui quali regole di ingaggio adottare sui teatri, e ha saggiamente preso tempo: «Prima mi insedio, poi vedrò». Giorgia Meloni, pur riconoscendo l’impegno di Giovanna Melandri, rivendicava di avergli serenamente fatto opposizione. Di più: la invitava cavallerescamente a predisporle un sito contro, sul modello di quanto aveva fatto lei, con la «Melandrina.it». Nei Paesi europei l’opposizione è questa, civiltà, dialogo, e nessun trasformismo.
L’unica che ha inteso il passaggio di consegne come una singolare riappacificazione sembra proprio la Prestigiacomo, che si profonde nelle lodi per il lavoro di Pecoraro, per quel suo «aver fatto tanto», che prima ci sembrava uno sfottò per il leader dei Verdi, e ora ci pare una sua gaffe. Ripensandoci bene, però, almeno su una cosa siamo d’accordo.
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