Si chiama «prestito sociale» ed è uno dei migliori canali di finanziamento per le coop, soprattutto di consumo (come i supermercati), che di fatto funzionano come fossero uno sportello bancario: raccolgono i risparmi dei soci, li impiegano come meglio credono e distribuiscono interessi che i veri istituti di credito si sognano e su cui non viene trattenuta unimposta del 27 per cento (come per i depositi bancari) ma meno della metà: soltanto il 12,5. Un bel risparmio fiscale. Un affarone per tutti, risparmiatori e coop, le quali possono finanziarsi con una massa di liquidità a buon mercato e soprattutto sottratta ai controlli delle autorità creditizie. Questa montagna di denaro è pari a 13 miliardi di euro: come una manovra finanziaria media, o come il buco finanziario della Parmalat. La provvista-base con cui Unipol voleva dare la scalata alla Banca nazionale del lavoro.
Naturalmente le coop spiegano che il prestito sociale viene impiegato per migliorare i servizi ai soci e renderli più convenienti; in realtà è un sistema che consente loro di sovrapporsi alle banche e di autofinanziarsi senza chiedere mutui o emettere obbligazioni, come sono costrette a fare tutte le altre imprese. I soci aprono un libretto su cui vengono annotati versamenti e prelievi e può anche essere addebitata la spesa al supermercato Coop. Tutte le operazioni sono gratuite, anche la quota da versare per associarsi alla coop (di solito 30 o 35 euro) viene restituita sotto forma di buono-spesa da spendere successivamente; lunico limite è un tetto ai depositi, che non possono superare i 30mila euro.
Non cè banca o ufficio postale che possa offrire condizioni paragonabili a queste. A ciò si aggiungono gli interessi elevati: il prestito sociale alle coop rende nettamente più di un qualsiasi conto corrente, di un libretto al portatore o di un titolo di Stato (vedi tabella a lato) e a ciò si aggiunge lagevolazione fiscale. Ci sono coop più generose, come in Toscana, e altre meno: un barlume di concorrenza.
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