Presto le piccole imprese saranno come le coop: tutelate dalla Costituzione

Via libera della Commissione Affari costituzionali alla riforma dell'articolo 41. Ora serve un doppio sì in Aula

Presto le piccole imprese  
saranno come le coop: 
tutelate dalla Costituzione

La piccola impresa, che ha consentito all’economia italiana di attraversare fasi di grande turbolenza internazionale, godrà in futuro di una tutela costituzionale.

È stato infatti approvato alla Camera un emendamento della Lega al testo di riforma degli articoli della Costituzione sulla libertà d’impresa, che in cui si afferma che «la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione, provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato, e (questa è la novità) delle piccole imprese». Per sintetizzare, la «fabbrichetta» godrà della stessa tutela riservata alle grandi coop.

È un segnale di riconoscimento a un mondo che, negli anni, ha tirato la carretta dell’economia italiana senza avere adeguato riconoscimento; anzi, ha dovuto destreggiarsi con difficoltà e spesso lottare contro un regime regolatorio e fiscale vessatorio e incomprensibile. In media l’artigiano e il piccolo imprenditore perdono 258 ore l’anno a causa della burocrazia, un mese intero di lavoro. Operare in simili condizioni ha dell’eroico. Non che la tutela costituzionale significhi, da sola, un allentamento dei lacci che stringono al collo l’impresa minore, spesso familiare. Ma, insomma, è già qualcosa.

Il cuore della riforma costituzionale sulla libertà d’impresa è rappresentato dalla modifica dell’articolo 41, nel senso indicato dal governo: è permesso tutto ciò che non è vietato dalla legge, in base al principio che l’iniziativa e l’attività economica privata è «libera». Ai principi seguono anche i fatti: una seconda modifica del testo attuale della Carta porterà all’eliminazione di tutti i controlli e le autorizzazioni «ex post».

Oltre all’emendamento sulla tutela della piccola impresa del leghista bergamasco Pierguido Vanalli, la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato una modifica presentata dai «liberisti» del Pdl (Isabella Bertolini, Peppino Calderisi, Andrea Orsini) in cui si stabilisce che le leggi che disciplinano le attività economiche possono intervenire «unicamente» per impedire «la formazione di monopoli pubblici e privati». Un testo che esclude limiti di altro - ad esempio i mercati chiusi e le posizioni dominanti - e che per questo motivo ha ottenuto il voto contrario di tutte le opposizioni. Del resto il centrosinistra ha detto «no» anche al riconoscimento costituzionale della piccola impresa, ma questa non è davvero una novità da parte di uno schieramento da sempre ostile alla «fabbrichetta», autonoma e non sindacalizzata.

Il viaggio della riforma costituzionale è lungo, è necessario il doppio voto di ciascun ramo del Parlamento, e quello di ieri è solo un primo passo. Si tratta tuttavia di un passo significativo, che procede insieme con il nuovo principio costituzionale del pareggio di bilancio obbligato, che il governo ha affiancato all’ultima manovra sui conti pubblici.

Economia più libera e controlli obbligati sui conti dello Stato sono, in realtà, le due facce della stessa medaglia. La crescita dell’economia, oggi così largamente invocata, non passa soltanto attraverso gli investimenti pubblici o gli sgravi fiscali.

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