Il prete della Bullona che lascia l’omelia ai ragazzi ex drogati

La missione di strada di don Vittorio De Paoli: una battaglia per prostitute e tossicodipendenti

Il prete della Bullona 
che lascia l’omelia 
ai ragazzi ex drogati

Un numero e una parola. Possono fare la differenza: un numero di telefono da chiamare quando non si vede altra strada, e parola giusta, con il tono giusto. Detta da un volto amico. È (anche) così che si salvano le persone. Una veste talare non è proprio quello che ci si aspetta di trovare la notte, in via Mac Mahon, Principe Eugenio, Cenisio, nelle strade della prostituzione di Milano Nord. Eppure è quella veste che si sarebbe potuta incontrare soltanto poche notti fa. La veste e il sorriso fragoroso di don Vittorio De Paoli, che accompagnava i volontari della «Giovanni XXIII», la comunità fondata da don Oreste Benzi, famosa per l’attività di recupero e assistenza delle prostitute: «Quei volontari sono persone straordinarie - racconta Don Vittorio - sanno come attaccare bottone, sanno cosa dire, poi lasciano quel bigliettino. La comunità offre una casa e un lavoro a quelle ragazze, e il giorno dopo qualcuna telefona sempre».
C’è sempre qualcuno da «acchiappare» e aiutare, per il parroco di San Giuseppe della Pace, via Piero della Francesca, quartiere Bullona. «Il vero tesoro della chiesa sono i poveri», ripete. Don Vittorio dunque è un cercatore d’oro. I ragazzi della sua parrocchia hanno messo in piedi un centro d’ascolto per i barboni: due volte a settimana offrono viveri, vestiti, li mettono in contatto con gli assistenti sociali. L’ultimo obiettivo è un servizio doccia nei locali della palestra: «Ogni parrocchia milanese aiuta i poveri, sono loro che ci danno la possibilità di migliorare il mondo», assicura. Non tutte le chiese, forse, si aprono agli ultimi fino a lasciare loro il cuore della liturgia: l’omelia. Don Vittorio pochi giorni fa ha ospitato i ragazzi della comunità «Cenacolo» di Saluzzo, fondata da Elvira Petrozzi e ormai ramificata in decine e decine di sedi, in Italia e nel mondo: «Dall’altare hanno raccontato le loro storie, l’origine dei loro problemi, molto spesso familiari, la caduta nella droga, a volte nella prostituzione, fino all’incontro con la comunità Cenacolo e al percorso di redenzione». La chiesa era gremita di fedeli, tutti in silenzio ad ascoltare. E alla fine c’è stato un applauso commosso. «Chi è passato dall’esperienza della droga può dare un contributo fondamentale - spiega Don Vittorio - gli ex nella comunità diventano angeli custodi. Un’arma vivente contro la droga. A loro è difficile che si raccontino delle balle».
In quei giorni una trentina di ragazzi della comunità ha cominciato a girare per il quartiere, incontrando i giovani, le famiglie. Molti genitori si sono avvicinati, hanno parlato delle loro storie, dell’angoscia per quelle vite in bilico. Poi i ragazzi hanno accompagnato don Vittorio nelle sue instancabili «missioni» di strada: «Andiamo nei locali, nelle discoteche. Qui ce ne sono molte. Alcuni dei gestori sono nostri amici, ci mettono a disposizione delle salette per parlare con i ragazzi. Li incontriamo. Parliamo con loro».
Don Vittorio sa quanto è importante ogni singolo sforzo, ogni energia impiegata nella lotta quotidiana alle piaghe della droga e della prostituzione.

Per questo, a differenza di alcuni ambienti della chiesa ambrosiana, approva le ordinanze del Comune: «Sono due piani diversi - riflette - la Chiesa è profetica, deve seminare speranza guardando avanti. Le istituzioni devono gestire i problemi esistenti oggi. Io comunque sono solo un prete». Ma il suo motto è «meglio accendere una luce che maledire le tenebre». E questo spiega molto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica