Alcuni giorni or sono avrebbe dovuto svolgersi a Roma una manifestazione - poi vietata dalla questura per motivi di ordine pubblico - in favore della grazia a Erich Priebke. Questo novantunenne ex ufficiale delle Ss, che partecipò alleccidio delle Fosse Ardeatine, è agli arresti domiciliari dopo una condanna allergastolo. Sono stati nelloccasione riproposti, unennesima volta, gli argomenti di chi vorrebbe Priebke libero, e gli argomenti dei molti che ritengono debba espiare fino alla morte - sia pure nella abbastanza confortevole condizione dospitato nella casa dun sostenitore e amico - la sua pena. In questi stessi giorni, e precisamente il 22 luglio, è caduto il quarto anniversario della morte di Montanelli: e ricordandolo mè capitato di ripensare alla generosa e impopolare battaglia che il mio amico Indro sostenne - la sostenemmo insieme - per affermare che nei confronti di Priebke lItalia, pseudovincitrice duna guerra in realtà malamente perduta, aveva fatto scempio della giustizia.
Non hanno giovato e non giovano al vecchio soldato lappoggio e la difesa di nostalgici che fingono di invocare un atto umanitario, ma che in realtà vorrebbero riabilitare il fascismo e il nazismo. Avvocati così è meglio perderli che trovarli. Avevo accettato tempo fa - come Massimo Fini - di partecipare a unassemblea convocata in un teatro romano proprio per il caso Priebke. Dopo aver spiegato i motivi della mia adesione, e ascoltato alcuni inquietanti discorsi, dovetti chiedere nuovamente la parola per definire, di quella adesione, i limiti. Ero daccordo nel ritenere che la vicenda di Priebke fosse stata improntata a uno spirito vendicativo meschino e tardivo, non ero per niente daccordo sul tentativo di sminuire i crimini dei nazisti e dei loro vassalli «repubblichini».
Su Priebke Montanelli fu senza paura. Gli scrisse per dirgli che capiva lobbedienza dun militare a un ordine di rappresaglia, pur spietato. In altri momenti si sarebbe esposto, così dicendo e scrivendo, a un linciaggio mediatico e politico di forsennata virulenza. Ma la storia di Priebke era venuta dopo la rottura tra Montanelli e Berlusconi, questa sinistra intransigente sa transigere quando si tratta di non rinunciare a un imprevedibile e ingovernabile alleato, e le sortite montanelliane furono bonariamente catalogate nel repertorio di bizzarrie dun anziano signore. In realtà non erano bizzarrie. Erano un atto daccusa contro lo scudo di conformismo antifascista e resistenziale con cui il Paese che aveva osannato il Duce saffannava e saffanna a rifarsi una verginità. Un Paese che non è smemorato ma che finge dessere smemorato se gli conviene: e che ritiene di poter ignorare, accanendosi contro Priebke per le Fosse Ardeatine, le rappresaglie che nei Balcani furono disposte da generali italiani, ed eseguite.
Questa furbizia magliara più che machiavellica Montanelli non se la sentì proprio davallarla, anche se ebbe sempre lavallo delle Alte autorità (avallo confermato dal rifiuto deciso di Ciampi alla concessione della grazia). Lincriminazione e lestradizione di Priebke appartengono al repertorio duna giustizia casuale e bizzarra, lui non si nascondeva, anzi era venuto più volte indisturbato in Italia - dallArgentina dove risiedeva - per vacanze. Non lavevano scovato a Bariloche degli 007 abilissimi, ma una troupe televisiva americana. Era tranquillo perché tutti i subordinati di Kappler che nel 1948 avevano subito un processo davanti al tribunale militare italiano erano stati assolti per avere eseguito ordini superiori, unico condannato Kappler. Portato in Italia, Priebke era stato riconosciuto colpevole il 1° agosto del 1996 da un tribunale militare, quasi mezzo secolo dopo che i suoi commilitoni erano stati, da un altro tribunale militare, ritenuti innocenti, o almeno non punibili. Il 1° agosto del 1996. Il tribunale militare di prima istanza non se lera sentita di proscioglierlo - come era avvenuto nel 1948 - ma aveva affermato la sua colpevolezza con una formula che portava alla scarcerazione. Per il che vi fu una protesta tumultuosa e violenta, ledificio del tribunale militare venne assediato, il ministro guardasigilli di allora Giovanni Maria Flick intervenne di persona non per liberare i giudici circondati da dimostranti e per attuare la scarcerazione, ma per spiegare che cera una richiesta destradizione della Germania, e dunque Priebke doveva restare dentro. Al che seguì, in appello, lo scontato ergastolo.
Lindividuo Priebke conta meno che zero. E non minteressano molto - ancor meno interessavano a Montanelli - le sottili disquisizioni degli esperti,o i dubbi formali su quella richiesta destradizione tedesca che fu provvidenzialmente pescata chissà dove, nel volgere di minuti - la burocrazia sa essere fulminea, quando occorre - da funzionari ministeriali. Ciò che avviliva Montanelli e avvilisce me è laria di prima della classe nellantifascismo ruggente che lItalia sempre ostenta, petto in fuori, rimuovendo gli scomodi ricordi dun Paese in camicia nera, obbediente. Leccidio di via Rasella fu lorribile risposta a un attentato cruento, e - nellimminenza della liberazione di Roma - assolutamente inutile. Priebke si prestò al mestiere di boia, non lo dimentico. Ma i sociologi della sinistra, che predicano lo scopo afflittivo e non punitivo della pena, ripetono per Sofri che in trentanni un uomo cambia, e molto. Priebke, ufficiale nazista, fu il prodotto nefasto dun regime che fanatizzava i giovani e poteva trasformarli in volonterosi strumenti di morte. Ma quel regime è finito nel 1945, insieme al fascismo. Si osa finalmente discutere degli orrori che in guerra possono accadere sia per opera dei vinti sia per opera dei vincitori. Nessuno, sia chiaro, mette in dubbio le responsabilità del nazismo per la seconda guerra mondiale, e le sue atrocità spaventose.
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