Politica

Primarie choc: l’ex Pci sparisce dai feudi rossi

Dev’esser come ha detto Gianfranco Rotondi, uno che se ne intende: «Gira e rigira vince sempre la Dc». Oppure dev’esser che alla fine l’hanno ascoltato, il Don Camillo che tuonava: «Ricordate, nel segreto della cabina elettorale Dio vi vede, Stalin no!». Già l’onorevole Peppone era stato fatto fuori dal Parlamento, ma lì almeno il killer era stato un compagno, quel Walter Veltroni che poi (rin)negò affinità elettive: «Mai stato comunista», vabbè. Solo che adesso, pare che pure i suoi nipoti non siano tanto ben graditi, neppure a casa loro. Sulle roccaforti rosse sventola bandiera bianca, ma non è un segno di pace. È, invece, il colpo di grazia agli eredi del Pci poi Pds poi Ds e infine Pd, sferrato dagli antichi nemici-amici, gli ex Dc poi Ppi, poi Margherita e infine Pd.
Firenze è solo l’ultima sbianchettatura: l’ex Dl Matteo Renzi alle primarie del partito per la corsa a Palazzo Vecchio ha sbaragliato tutti, e se pure avesse perso avrebbe lasciato il passo a un’altra anima bianca, quel Lapo Pistelli democristiano dentro da oltre vent’anni. Subito prima, in Toscana c’era stata Pistoia. Alla domanda: volete voi che la Ds Daniela Gai tenti la scalata della Provincia, il popolo del Pd ha risposto no, grazie, meglio l’ex Dl Federica Fratoni, le han dato il 47,2 per cento dei consensi, mica bruscolini. Meglio ancora, o peggio, certo, dipende se la vedi rossa o bianca, ha fatto, alle consultazioni interne per la conquista della Provincia di Prato, Lamberto Gestri, lui pure ex Margherita, che il candidato della Sinistra Michele Mezzacappa se l’è sbranato rastrellando oltre l’80 per cento dei consensi.
E poi c’è l’Emilia Romagna, brutto affare quello. A partire da Bologna: stanca dell’odiato Sergio Cofferati, la capitale dei rossi non ne vuol sapere nemmeno dei suoi delfini, e così il candidato del cinese, l’assessore Ds Vainer Merighi, è stato battuto da Flavio Del Bono, moderato molto gradito a Romano Prodi, che ha rastrellato il 50 per cento dei consensi. Altro caso simbolo Ferrara, non fosse altro che lì governa un metalmeccanico della Cgil, Gaetano Sateriale. Dopo dieci anni la città non ne può più, e per la corsa al Comune ha incoronato Tiziano Tagliani, consigliere regionale eletto con la Margherita, uomo di Dario Franceschini, soprattutto genero di Nino Cristofori, Dc a 24 carati, quattro volte al governo con Giulio Andreotti e ministro del Lavoro nel primo governo Amato. A Forlì poi è andato in scena lo psicodramma. Le primarie hanno sorprendentemente fatto fuori il sindaco uscente, la diessina Nadia Masini. Ha perso per 44 voti contro Roberto Balzani, preside della facoltà di Beni culturali di Bologna e una simpatia giovanile per i repubblicani. Quelli del Pd lo hanno preso a bordo e gettato nella mischia come sparring partner ideale. Con una campagna elettorale frenetica, il professore ha beffato la Masini, la quale non è stata certo aiutata da un’immagine poco accattivante - sorride poco o nulla - e da una serie di scandali che hanno messo a dura prova la coalizione, il più clamoroso è stato il sequestro per abuso edilizio di un’area di un ipermercato in costruzione. Gli ex comunisti fanno spallucce: «Ma quale riscossa della Margherita, è una somma di casualità» minimizzano i dirigenti locali.

C’è una battuta che circola da queste parti: «Prima eravamo tutti cattolici, poi tutti fascisti, poi tutti comunisti, infine tutti consumisti». Che il cerchio si stia chiudendo?
(ha collaborato Emanuele Conti)

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