La primavera in ritardo di venti giorni

È l’inverno più lungo degli ultimi trent’anni. Tutti i fenomeni biologici posticipati di un mese. Migratori e fiori perdono l’appuntamento con la natura

Daniela Uva

Ufficialmente è cominciata il 21 marzo - anzi, per essere precisi alle 19.26 del 20 marzo - ma cielo grigio, freddo e pioggia continuano a imperversare, soprattutto sulle regioni settentrionali. Quest'anno la primavera sembra proprio non voler arrivare. Lo confermano gli esperti: la stagione del risveglio è in ritardo di circa un mese. Tutta colpa dell'aria fredda che scende dal Polo nord. La conseguenza è che, a parte continuare a farci battere i denti, il freddo impedisce ad alberi e piante di fiorire e tiene lontani gli uccelli migratori. Rondini in prima fila, che avrebbero dovuto far capolino già quindici giorni fa. «Ci portiamo ancora dietro l'eredità dell'inverno - spiega Simone Abelli, meteorologo del centro Epson -. Per oltre tre mesi siamo stati di un grado sotto la media stagionale, una situazione assolutamente atipica rispetto agli scorsi anni nei quali ci eravamo abituati ad anticipi di primavera».
Nel 2005 di questi tempi c'erano 28 gradi, gli alberi erano fioriti e i maglioni già riposti nell'armadio. «Quest'anno abbiamo una situazione opposta - continua Abelli -. Il freddo non ci abbandonerà ancora per qualche giorno. Con l'inizio della prossima settimana, però, dovremmo notare un leggero miglioramento grazie all'arrivo dell'alta pressione».
Il fenomeno è stato analizzato grazie alla Mappa della primavera, il progetto per osservare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità realizzato da Coldiretti, Legambiente e Federparchi in collaborazione con il ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio. Tutti i dati raccolti - soprattutto nel mondo animale e vegetale - confermano che la bella stagione è ancora lontana. Viole e primule sono sbocciate con un mese di ritardo; i peschi sono ancora spogli; le cicogne, i tordi, i pettirossi e molti altri uccelli migratori non sono ancora arrivati. Anche le piante forestali sono in letargo. Così come le specie coltivate: i mandorli hanno cominciato a fiorire con almeno 40 giorni di ritardo, albicocchi e ciliegi non sono neanche entrati nella fase di prefioritura, con un ritardo di circa 20 giorni.
Una situazione, questa, che potrebbe determinare gravi danni per l'agricoltura. Soprattutto perché il freddo sembra destinato a condizionare anche i mesi estivi. «È ancora presto per dirlo, ma quest'anno l'estate potrebbe essere più fredda del normale - conferma Simone Abelli -. Per affermarlo con certezza, però, dovremo osservare i fenomeni meteorologici a livello globale». Perché è molto lontano da noi che si decide l'andamento delle stagioni. Per la precisione nell'oceano Pacifico equatoriale dove agiscono due fenomeni simili ma opposti: il Niño e la Niña. Il primo consiste in un riscaldamento anomalo del mare. Il secondo nel suo raffreddamento. «Quest'anno è in azione la Niña - spiega Abelli - che sta portando meno energia nell'atmosfera. Un primo riscontro lo abbiamo avuto durante l'inverno, con temperature basse e piogge record. Il freddo di questo periodo è l'ulteriore conseguenza». Il ritardo della primavera, però, è «anomalo» almeno quanto gli anticipi degli anni passati. Perché se il freddo eccessivo è fuori stagione lo sono anche i 30 gradi. «Il mese di marzo - conclude Abelli - dovrebbe essere caratterizzato da un progressivo abbandono delle caratteristiche invernali con qualche colpo di coda dell'inverno e un graduale miglioramento delle condizioni del tempo.

Negli ultimi anni, invece, ci siamo abituati a situazioni estreme, soprattutto all'arrivo improvviso del caldo. Da questo punto di vista siamo perfettamente nella norma: la situazione è estrema, solo che fa freddo».
Insomma, ancora una volta ha ragione la vecchia saggezza popolare: «Non ci sono più le mezze stagioni».

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