Primi fischi a Bocelli: il suo è un Don José con troppe incertezze

Volete subito sapere come se l’è cavata Andrea Bocelli al suo debutto in palcoscenico nel ruolo di Don José, brigadiere puntato da Carmen, la protagonista della celebre novella di Prosper Mérimée e dell’omonima opera di Georges Bizet? Siete interessati davvero a conoscere l’esito della sfida del cantante che, approdato al festival di Sanremo con la solita canzonetta e portando in dote una voce tenorile di bel timbro, è divenuto oggi degli artisti più pagati ed osannati al mondo, e non contento di ciò, ha deciso di coronare il sogno di cantare nell’opera, inanellando titoli su titoli, una ventina circa, di cui Carmen è solo l’ultimo in ordine di tempo?
La Carmen che si è vista a Roma l’altro ieri sera, e che si replica fino a fine giugno per una decina di repliche, è di fatto la ripresa dello spettacolo interamente firmato da Pier’Alli ( regia, scene, costumi, luci e proiezioni), già visto a Roma nel 2006, e riadattato, per rispondere alle esigenze dell’attuale compagnia di canto (leggasi: Bocelli). La fissità quasi oratoriale della prima messinscena si è ancora più accentuata, e espressione di una scelta ideologica e stilistica (sottolineata dalla presenza del coro-spettatore sullo sfondo, con il compito di commentare l’azione dei protagonisti, resa in questo modo ancora più solitaria e drammatica) è divenuta pratica necessità.
Pier’Alli gioca con immagini circolari, trovando nell’arena, il luogo oltre che fisico simbolico della sfida, l’archetipo di riferimento. E, per metterlo ben in evidenza, apre la scena con un’arena ripresa dall’alto; man mano che si ascolta l’Ouverture, essa si espande a dismisura sino a diventare un tutt’uno con la circolarità del teatro. Alla fine dell’opera ancora l’arena, che però questa volta somiglia a una prigione dalla quale i protagonisti , l’uno in faccia all’altra, per l’ultima sfida, non possono fuggire. Solo un cerchio di luce illumina quella «corrida» umana, che tutti sappiamo come finisce: Don José, abbandonato da Carmen che non lo ama più, la uccide.
E ora finalmente vi riferiamo della Carmen che abbiamo ascoltato e di Bocelli in particolare. Da salvare su tutta la linea è certamente la Carmen di Ildiko Komlosi, cantante e attrice matura, impegnata in questa occasione anche nell’amorevole ruolo di balia per Bocelli. Bene anche Daniela Schillaci e Tiziana Tramonti, rispettivamente Frasquita e Mercedes, come anche i contrabbandieri e militari in blocco. Meno bene l’Escamillo di Natale De Carolis, al quale manca la voce stentorea e corposa del borioso celebre toreador, mentre non ha convinto del tutto la Micaela, poco appassionata, di Maria Carola, pur dotata di bel timbro.
E Bocelli? Ecco: Bocelli s’è beccato fischi e non pochi dissensi già alla fine del primo atto. Le cose non sono migliorate con il progredire dell’opera. Per quanto siano davvero encomiabili, commoventi addirittura, la determinazione e l’impegno che egli mette in quest’avventura, è inutile nascondersi che per lui si tratta di impresa oggi vocalmente impossibile (e la conferma viene anche dall’ascolto del nuovissimo cd di Carmen, nei negozi in questi giorni). Con il passare degli anni la sua voce si è un po’ sfilacciata e ha perso smalto e consistenza nel registro acuto.

E dire che l’esordio in Bohème, a Cagliari, dieci anni fa, aveva fatto pensare che il suo possibile futuro di cantante d’opera avesse davvero qualche chance.
Bocelli canterà ancora questa sera, venerdì 20, e poi il 25 e 28. Altre date il 21 e il 26 (con al suo posto Luca Lombardo) e il 22, 24 e 27 (Alfredo Portilla).

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