Roma Da un lato
governo, commercianti, turisti e molti sindaci anche di
sinistra. Dall’altro la Cgil di Susanna Camusso, che sulla questione ha
scavato l’ennesima trincea di retroguardia. Dire che la questione
dell’apertura dei negozi il prossimo 1˚ maggio (e in generale nei
giorni festivi) spacchi l’Italia è francamente esagerato. Poter fare
shopping (ma anche acquistare una bottiglia d’acqua) nel giorno in cui
le città di arte saranno strapiene di turisti è un’idea che piace a
molti e dà fastidio a nessuno, se non a coloro che ne fanno una
battaglia ideologica peraltro persa in
partenza. La liberalizzazione dell’apertura dei negozi dei giorni
festivi nelle città a vocazione turistica appare ormai inderogabile.
Di più: «La frustata di cui la nostra
economia ha bisogno», secondo le parole del ministro del Turismo
Michela Vittoria Brambilla, che ieri ha risposto con entusiasmo
all’appello del vicepresidente di
Confcommercio e presidente di Confturismo, Bernabò Bocca, e del
presidente della Confcommercio romana, Cesare Pambianchi, per avere le
saracinesche sollevate il prossimo1˚ maggio, inparticolarea Roma, che
sarà quel giorno invasa dai pellegrini accorsi per la beatificazione
di Giovanni Paolo II: «Un appello che non solo raccolgo con piacere-
dice Brambilla- ma che vede la mia piena condivisione, al punto che
già da tempo sto lavorando in questa direzione».
Insomma, con la
rossa ministra le associazioni di categoria sfondano una porta aperta.
«Sono infatti fermamente convinta- dice- che restrizioni
all’economia e aumento della produttività non vadano mai a braccetto e
che in un Paese come il nostro dove l’enorme debito pubblico limita
gli strumenti a nostra disposizione per realizzare una politica di
sviluppo, quella delle liberalizzazioni a tutto campo sia una leva
essenziale ». Anche perché le esperienze straniere mostrano
come«un’eccessiva regolamentazione delle attività commerciali
rappresenti un forte freno per la crescita e quindi per le entrate dello
Stato, mentre l’avere più tempo e più alternative a disposizione
incentivi i consumatori a spendere di più. Maggiore flessibilità
significa certamente più introiti per gli esercizi commerciali, più posti di lavoro, più gettito fiscale. Lo shopping, l’acquisto del made in Italy ,
il mangiare e bere bene sono alcune tra le principali motivazioni per
le quali i turisti, stranieri e italiani, scelgono di visitare le
nostre città. Certo non ci si può lasciar frenare dai veti di alcuni
sindacati».
Ecco, i sindacati. Tipo la Cgil di Susanna Camusso, che ieri in una lettera al Corriere della Sera ha ribadito il suo no ai negozi aperti senza per questo voler essere raffigurata come la leader dell’oscurantismo. La botte piena e la moglie ubriaca: «Ma davvero crediamo che le sorti dell’economia, del cambiamento, dipendano dall’apertura dei negozi il 1˚ maggio, mentre, peresempio, sul fisco si può rinviare da una campagna elettorale all’altra?», scrive Camusso.
Che poi aggiunge:
«Farsi sfiorare dal pensiero che non tutto è monetizzabile, che non
tutto si può comprare, sarebbe un bel segno per questo Paese.
Consolidare dei valori, dei segni di identità del lavoro farebbe bene a tutti».
Ma forse fa più bene, all’economia e a chi ancora sceglie le nostre
città per le sue vacanze, avere la libertà di acquistare un panino o
un golfino. Così in alcune grandi città
italiane sta prevalendo la ragione. A Roma, dove il 1˚ maggio è atteso
almeno un milione di pellegrini, il sindaco Gianni Alemanno ha
previsto la possibilità di tenere aperti i negozi del centro e delle
zone turistiche, mentre a Milano l’assessore alle Attività produttive
Giovanni Terzi ha firmato ieri la richiesta di deroga all’obbligo di chiusura delle saracinesche.
Ma la scelta più controversa è stata quella del sindaco di Firenze, che ha autorizzato l’apertura degli esercizi nel centro storico: «Si sta giocando un derby tra ideologia e buon senso e io sto con il buon senso », ragiona icastico. Contro di lui, che ha l’«aggravante» di essere del Pd, la Cgil ha addirittura annunciato uno sciopero praticamente ad personam . È proprio vero: quando si tratta di farsi del male le saracinesche della sinistra sono sempre aperte.
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