Cultura e Spettacoli

Ma il problema è il malcostume in università

Abbiamo grandi scienziati la cui fede cristiana o ebraica non ha impedito grandi ricerche. Il sentimento religioso di uno scienziato non gli impedisce mai il lavoro di ricerca: lo porta a interrogarsi sul significato di ciò che sta studiando e sull’uso che potrà essere fatto della propria scoperta. Credere che la scienza sia autonoma dal contesto storico-sociale è un dogma che genera profondi dogmatismi antiscientifici. Dall’Italia i ricercatori fuggono non perché l’aria che spira dal Vaticano o dalle sinagoghe obnubila la mente, ma perché l’annebbiamento è provocato dall’indecente sistema della ricerca nell’università e nell’istituzione che l’affianca, il Cnr.
La cronaca offre un caso esemplare. Il professor Claudio Fiocchi, medico e ricercatore residente negli Usa, si è trovato di fronte a una brutta realtà: reclutato dal ministero italiano dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per valutare il valore di alcuni progetti, per decidere se finanziarli o meno, si è trovato sommerso di raccomandazioni, e ha preferito rassegnare le dimissioni. L’idea che non ci debba essere nessuna attenzione alla qualità della ricerca è talmente diffusa che neppure ci si preoccupa più di conservare il minimo pudore: almeno vergognarsi di raccomandare il mezzo somaro ed essere un po’ accorti. Oggi nemmeno c’è chi si vergogna di tale meschina pratica: tanto è la regola!
Nelle nostre università, nel Cnr ci sono ancora pochi eccellenti studiosi che ce l’hanno fatta pur non essendo portaborse, amici, parenti, amanti di chi nell’università ha il potere di decisione. Ma sono sempre più circondati da un ambiente ostile, perché loro non hanno accettato e non accettano i principi clientelari e nepotistici della corporazione. Molti di loro non riescono più a lavorare e se ne vanno. Ma il problema non è più il ricercatore che fugge, ma quello che resta, il quale nella stragrande maggioranza dei casi ha smesso di studiare, non pubblica una riga, come è stato dimostrato da un’analisi dell’università di Bari di cui si è scritto anche su questo giornale.
Il ministro Gelmini promette un’indagine che porti alla luce quanto denunciato dal professor Fiocchi. Al ministro anticipo io quello che succede e che non verrà mai alla luce, perché la corporazione accademica è forte e protegge il suo modo di operare.

Clientelismo e nepotismo, alla base della selezione concorsuale della stragrande maggioranza dei docenti, sono i primi responsabili del degrado della ricerca in Italia: altro che impedimento provocato dal clericalismo! Il sistema della ricerca è marcio, e non cambierà un bel nulla se non si metterà mano al modo in cui entrano nell’università i professori che poi saranno i giudici di nuovi professori che poi cercheranno di irretire chi è fuori dalla corporazione come il professor Fiocchi.

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