Cronache

Processata per "intralcio all'aborto", la storia di Mary Wagner

Mary Wagner, un'attivista pro life canadese, sarà processata oggi per direttissima. L'accusa, ancora una volta, è relativa alle sue azioni dimostrative

Processata per "intralcio all'aborto", la storia di Mary Wagner

Mary Wagner sarà processata per "intralcio all'aborto". L'attivista pro life canadese, infatti, avrebbe violato la norma che vieta di pregare o parlare con le persone presenti nelle cliniche o nei centri abortisti. L'8 dicembre scorso - come ha riportato In Terris - Mary Wagner era entrata assieme ad una sua amica, Linda Gibbons, in una clinica abortista di Toronto con lo scopo di convincere le donne presenti ad evitare la pratica dell'aborto. Un'azione simbolica, che ha visto le due attiviste porgere alle donne ricoverate delle rose alle quali erano attaccate una riproduzione in plastica di un feto di dieci settimane e le informazioni utili a contattare un "Centro per l'aiuto alla vita per donne con gravidanze difficili". Ma la "dimostrazione", secondo quanto riferito da Lifesite News, è stata intercettata da due poliziotti, che hanno condotto la Wagner e la sua amica fuori dalla clinica. Una legge dell'Ontario, infatti, prevede il divieto di manifestare nelle aree circostanti le cliniche abortiste. Tale norma, tuttavia, non sarebbe ancora entrata in vigore. La Wagner, in ogni caso, avrebbe anche una prescrizione personale che le vieterebbe di avvicinarsi a strutture di questo tipo.

Fatto sta che l'attivista pro life ha trascorso il Natale in prigione. Lo scorso 25 luglio - ha scritto l'agenzia Corrispondenza Romana - la Wagner era stata rilasciata dopo sette mesi di carcerazione. E il totale degli anni trascorsi in carcere dalla Wagner corrisponderebbe a sette anni. La donna è solita restare in silenzio e non chiedere alcuna difesa legale e così ha fatto anche in questa circostanza. E solo durante la vigilia di Natale, la Wagner avrebbe provato a chiedere una "libera uscita" per trascorrere la festività con i propri cari. Ha scritto Giuseppe Brienza su In Terris al riguardo:"Il giudice competente della Corte di giustizia dell’Ontario Howard Chisvin, però, ha rifiutato di interrompere anche per sole 24 ore la detenzione preventiva della Wagner, a condizione che l’interessata non avesse pagato una cauzione di 500 dollari e avesse firmato un impegno a stare lontana da qualsiasi clinica o istituto che pratica l’aborto. Condizioni impraticabili per la donna che, per questo, ha dovuto trascorrere in prigione anche il giorno della nascita a Betlemme del Bambino Gesù". Niente "libera uscita", quindi.

Linda Gibbons, a sua volta, è stata fermata dai poliziotti canadesi. Anche quest'altra attivista avrebbe trascorso in carcere parecchi anni, undici per la precisione, a causa della sua militanza e delle sue azioni dimostrative. Mary Wagner si è convertita al cattolicesimo, quindi alla causa dell'attivismo pro vita, quando non era ancora ventenne. Dopo aver ascoltato Giovanni Paolo II nella GMG di Sidney nel 1993, la donna oggi quarantaquatrenne ha deciso quale sarebbe stato il suo "scopo". Il papa polacco, del resto, aveva invitato i presenti a combattere l'aborto "per le strade ed i luoghi pubblici, come i primi apostoli".

"Il Canada sembra oggi rappresentare la punta più avanzata del politically correct, il sostrato ideologico a fondamento del Pensiero Unico – ha dichiarato l’avv. Amato, presidente dell'associazione internazionale dei Giuristi per la Vita -. Non è un caso, infatti, che proprio il Canada sia stato il primo Paese al mondo a istituzionalizzare l’ideologia gender, rilasciando un tesserino sanitario ad un neonato il cui genere è stato indicato con la 'U' di 'undetermined' (indeterminato), anziché 'M' di maschio o 'F' di femmina", ha sottolineato. Il caso di Mary Wagner, insomma, finisce per interessare anche gli esponenti italiani dell'attivismo pro life.

Secondo quanto appreso da alcune delle fonti citate, la donna dovrebbe essere sottoposta nella giornata di oggi ad un processo per direttissima.

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