Fabrizio de Feo
da Roma
Concorso in accesso abusivo ai sistemi informatici per alcuni, violazione della legge lettorale per altri. È sulla base di queste accuse, maturate dopo le indagini sullo scandalo «Laziogate», che è stata firmata dalla procura di Roma la richiesta di rinvio a giudizio per dieci persone tra cui Francesco Storace. Oltre allex ministro della Salute sono imputati Niccolò Accame, già braccio destro dellallora governatore del Lazio; lex direttore tecnico di Laziomatica, Mirko Maceri; due detective privati Pierpaolo Pasqua e Gaspare Gallo; lex vicepresidente del consiglio comunale Fabio Sabbatani Schiuma e lattuale Vincenzo Piso, entrambi di An; gli ex collaboratori di Storace, Nicola Santoro, lesperto in comunicazione Dario Pettinelli e Teresa Tiziana Parreca.
«Andrò davanti al Gup e dimostrerò carte alla mano la mia estraneità allaccusa residua» scrive il senatore di An in una nota. «Resta un solo rammarico: gli inquirenti ci hanno messo otto mesi dalle mie dimissioni per rinunciare a ogni ipotesi di spionaggio, di associazione a delinquere, di manipolazione delle firme della Mussolini. Lunica cosa rimasta è uninesistente istigazione a verificare la prova di un reato contro la democrazia, peraltro consegnata alla magistratura. Mi fecero dimettere da ministro. Qualcuno, di qui a poco, dovrà dimettersi da altro».
Lex governatore del Lazio fa riferimento al castello accusatorio costruito contro di lui, fortemente mitigato dal provvedimento della Procura di Roma e derubricato in tutte le sue imputazioni più gravi. Con una postilla di cui tenere conto: in caso di condanna e a seconda della eventuale pena comminata, il reato potrebbe essere coperto dal provvedimento di indulto. «Ci attendevamo la richiesta di rinvio a giudizio. Ma tutte le ipotesi di reato più gravi, come lassociazione per delinquere e lo spionaggio, sono saltate», commenta Domenico Marsi, difensore con Giosuè Naso dellesponente di An. «A Storace si contesta unipotesi, peraltro inesistente, riguardante listigazione a verificare se le firme di Alternativa Sociale fossero false. Ora dimostreremo linconsistenza dellaccusa».
Nel giorno del rinvio a giudizio di Storace, la maggior parte del mondo politico evita di entrare nel merito della vicenda. Al senatore di An arriva la telefonata di Gianfranco Fini che esprime al compagno di partito «piena solidarietà per gli attacchi politici subiti in queste ore dopo la richiesta di rinvio a giudizio per linchiesta sul cosiddetto Laziogate, certo che saprà dimostrare la propria totale estraneità ai fatti». Ma anche una stoccata sarcastica da parte di Alessandra Mussolini, presunta vittima dei controlli informatici. «Storace stia calmo e risponda ai giudici. Certo è brutta lidea di andare in Tribunale quando non ci si riesce difendere. Mi dispiace veramente di vederlo così agitato: ma non era il re delle battute? Prenda un consiglio: stia calmo e pensi alla salute, innanzitutto, ma non a quella del suo ex ministero. Anche perché, si sa, la calma è la virtù dei forti». Messaggi di vicinanza arrivano, invece, da molti esponenti di An. Gianni Alemanno - così come i presidenti di gruppo Ignazio La Russa e Altero Matteoli - saluta con soddisfazione il ridimensionamento delle accuse al compagno di tante battaglie e si dice convinto della sua piena innocenza. E in serata Storace riprende la parola per replicare ad Alessandra Mussolini. «La signora Floriani continua a straparlare.
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