Il «processo breve» padano: fuori i furbetti dal partito

RomaComunicazione del fatto, istruttoria, eliminazione del reo. Il processo breve padano sta producendo i primi condannati. L’ultima sentenza lampo ha investito il presidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Edouard Ballaman. Leghista di prima fila, esponente di spicco del Carroccio friulano, è accusato di aver utilizzato l’auto blu per andare in vacanza. Fulminato. In men che non si dica Ballaman si è dimesso dall’incarico ma si è anche autosospeso dal Carroccio entrando nel gruppo misto. Poche chiacchiere, la Lega si è mangiata un altro figlio.
Con chi sgarra Bossi non ha pietà. Sbagli? Hai finito, sei fuori. La questione morale si sta affacciando anche in terra leghista, l’amministratore puro e integerrimo è una mitologia che trasportata nella realtà diventa un sogno che fa sorridere, ma il Carroccio già da tempo sta lavorando sui vaccini, i meccanismi di individuazione e punizione del colpevole. Le mele marce nascono su tutti gli alberi della politica, ma il trucco sta nel vederle per tempo e abbatterle.
Finora si era trattato di casi talmente piccoli, di amministratori talmente sconosciuti, che non s’era avuta quasi notizia di maneggi leghisti nelle amministrazioni locali. Ma, racconta un dirigente del Carroccio del gruppo di Montecitorio, che grande merito va riconosciuto al partito, «che ha lavorato sulla prevenzione», mettendo in campo qualcosa di simile a un controspionaggio interno che ricorda molto da vicino i sistemi di vigilanza del partito comunista. «Sono le sezioni a controllare gli eletti, i militanti a vigilare sulla buona condotta dei rappresentanti». È proprio la militanza l’antidoto naturale e infallibile che consente di sorvegliare e stanare i furbetti.
Pochi sanno ad esempio, che Bossi si raccomanda sempre con tutti i deputati e i senatori di condurre una vita morigerata nella Capitale: donne e feste a casa, se proprio si deve, a Roma mai. C’è una specie di vademecum del leghista di palazzo che sta consentendo di tenere sotto controllo la condotta dei padani nella città eterna e tentatrice.
È di pochi mesi fa la sentenza durissima di eliminazione dal gruppo del Carroccio alla Camera per Maurizio Grassano, il deputato che sarebbe dovuto subentrare al governatore del Piemonte Roberto Cota. Indagato per truffa al Comune di Alessandria, Grassano non è stato accolto dai padani nel gruppo parlamentare. L’espulso ha quindi aderito ai Liberal Democratici.
Un’altra epurazione istantanea ha investito l’ex sindaco di Silea, Cesare Biasin. La procura di Treviso ha aperto un’inchiesta in cui Biasin è accusato di favoreggiamento della prostituzione. Indagato, Biasin si è dimesso. Il partito lo ha espulso senza battere ciglio.
Non esiste garantismo con i propri figli nella Lega. Non almeno fino a questo momento. Più che altro sono gli stessi amministratori indagati a farsi da parte, secondo una sorta di regolamento non scritto. Il partito in molti casi si limita a elogiare paternalmente gli autopuniti, seguendo un gioco delle parti che si ripete sempre con gli stessi schemi.
Un altro caso recente ha riguardato Gianluigi Soardi, sindaco attualmente in autosospensione di Sommacampagna. Anche qui c’è una questione di presunto utilizzo disinvolto dell’auto blu, anzi, dell’autista, che sarebbe stato incaricato di svolgere una serie di servizi familiari che poco c’entravano con il ruolo di Soardi di presidente dell’Atv, l’azienda di trasporti di Verona. La procura indaga anche su una serie di scontrini di caffè consumati in orari strani. Soardi si è autosospeso da sindaco, da presidente dell’Atv e dal partito senza aver ancora ricevuto avvisi di garanzia.

Matteo Bragantini, deputato e segretario provinciale, gli ha espresso «apprezzamento» per una scelta che «risparmierà mesi di attacchi mediatici contro la Lega». La Lega non si può macchiare, la Lega deve mantenersi pura: è il segno della proclamata diversità.

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