Roma - «Chi ce l’ha il testo?». «Io no». «Ma quando arriva?». «Non lo so». Il botta e risposta frenetico si ripete decine di volte a Palazzo Madama, nei corridoi della maggioranza, in fermento per l’imminente arrivo del provvedimento. Quel tanto atteso disegno di legge sul processo breve, frutto del tribolato compromesso tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Ma tant’è: non pervenuto. Parola del presidente Renato Schifani: «Avremo tempo e occasione di parlarne», ma «non l’hanno ancora presentato». A svelare l’arcano, in serata, ci pensa Maurizio Gasparri: «Siamo sostanzialmente pronti, ma anche molto impegnati con la Finanziaria. E pure presentandolo domani (oggi, ndr) non cambia nulla per quanto riguarda il suo iter».
Arriverà, ma senza fretta. Forse già in giornata, magari dopo l’approvazione bipartisan della legge che istituisce il 12 novembre come Giornata del ricordo dei caduti nelle missioni di pace. Prima, però, tocca limare a dovere: pratica affidata ai tecnici degli uffici legislativi, a Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno.
Si placa così la caccia al documento, partita dopo il mezzo annuncio di Paolo Bonaiuti: «Il ddl sul processo breve dovrebbe essere presentato stamani, perché ci hanno lavorato» nella notte. «Ha detto così forse in un eccesso di ottimismo», commenta Gasparri, dopo essersi confrontato proprio con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il temporaneo giallo dunque si smonta. Lo fa intendere pure Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo pidiellino (probabile primo firmatario insieme a Gasparri): «I tempi saranno brevi, ma se arriverà oggi o domani lo decideremo nella nostra autonomia». Intanto, pur condividendone il principio, il Carroccio non si sbilancia: «Il testo ancora non c’è e prima di firmarlo aspettiamo di vederlo», afferma Federico Bricolo, a capo del gruppo leghista.
È ormai questione di ore. Prima, però, bisognerà rendere inattaccabile la norma transitoria per l’applicazione ai processi in corso, che pare sia prevista solo per il primo grado di giudizio. Un limite che potrebbe far sollevare la questione di costituzionalità di fronte alla Consulta, per la disparità di trattamento verso chi attende ad esempio l’esito dell’appello. Inoltre, altro punto tribolato, la decisione finale sui reati da escludere o includere nel provvedimento.
In ogni caso, si dice «pronto ad assicurare una corsia veloce», una volta che sarà assegnato alla Commissione giustizia, il presidente Filippo Berselli. «D’altronde - spiega l’esponente del Pdl - il testo ricalca il ddl presentato nella XIV legislatura dai senatori di centrosinistra Fassone, Ayala, Brutti, Calvi e Maritati». Quindi, «saremo dinanzi ad un provvedimento analogo - lo dico senza aver letto però nulla -, una leggina che sarà composta verosimilmente da un articolo unico».
In merito alla road-map dei tempi, Berselli riferisce: «Entro mercoledì prossimo finiremo la riforma della professione forense, che con il ministro Alfano abbiamo stabilito essere una priorità. Poi ci occuperemo di intercettazioni, con l’audizione del procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso. A seguire, la replica del relatore e spazio agli emendamenti. A quel punto, anche per tentare di mediare su alcuni punti controversi, concederò quindici-venti giorni di tempo.
E proprio in quella finestra potremmo occuparci del disegno di legge in questione».
In tal modo, «non si stravolgeranno i lavori parlamentari» e «se ci sarà la volontà politica, sarà facile approvarlo». Stando al timing, a fine mese potrebbe arrivare il via libera del Senato. E «per Natale, se tutto va bene, sarà approvato in via definitiva». Già, se tutto andrà bene, a Montecitorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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