La Procura «assolve» Romano Il teorema crolla dopo 8 anni

Per otto anni è stato sulla graticola. Ogni volta che lui, Saverio Romano, leader del Pid (Popolari di italia domani, gli scissionisti siciliani dell’Udc che hanno abbandonato Casini per schierarsi col Pdl e che alla Camera sono confluiti nei «Responsabili») è stato proposto per un incarico di rilievo ecco che qualcuno ha ricordato il suo pseudo peccato originale, un’indagine infinita a suo carico per collusioni mafiose. Persino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quando il premier Silvio Berlusconi gli ha comunicato l’ intenzione di farlo entrare, col rimpasto, nella squadra di governo, si dice si sia un po’ irritato. Un incubo. Un incubo finito per il ministro in pectore Romano perché il Pm di Palermo, dopo otto anni, ha chiesto l’archiviazione dell’accusa.
La richiesta risale allo scorso novembre. La notizia però è trapelata solo adesso. Romano, nonostante gli attacchi che lo hanno bersagliato anche recentemente - per tutti Il Fatto Quotidiano dello scorso 28 gennaio, che ha titolato «Saverio Romano, un quasi ministro indagato per mafia – non ha fatto festa né comunicato alla stampa la fine dell’inchiesta fiume. «Quella che per un comune cittadino è una bellissima notizia – spiega oggi – lo è meno per me, perché da politico e uomo delle istituzioni credo che ci sia poco da essere contenti se si è iscritti nel registro degli indagati quasi ininterrottamente da otto anni. Io sono incensurato, non ho mai avuto processi né richieste di rinvio a giudizio. Oggi mi sento meglio».
In effetti, il caso giudiziario mai approdato a processo che vede suo malgrado protagonista l’ex enfant prodige della Dc siciliana, è al tempo stesso paradossale ed emblematico di una giustizia malata. L’iscrizione nel registro degli indagati, per quell’anomalia giuridica che è il concorso esterno in associazione mafiosa, risale al 2003. È a quell’epoca che Romano, «colpe» aggiuntive l’essere nato a Belmonte Mezzagno, un comune a un tiro di schioppo da Palermo al centro di faide mafiose, e l’essere stato candidato a Bagheria, altro comune palermitano «caldo» sul fronte dell’inquinamento mafioso, viene iscritto nel registro degli indagati con il suo amico di sempre, l’ex governatore Salvatore Cuffaro. Doppia l’accusa, per entrambi: concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. E doppia l’archiviazione, il Primo aprile del 2005, per tutti e due. Mai data fu più foriera di beffa. Un pesce d’aprile per Cuffaro, nel frattempo alle prese con l’inchiesta per favoreggiamento che a fine gennaio, dopo la condanna definitiva, gli ha aperto le porte del carcere.

E un pesce d’aprile anche per Romano, che a Natale dello stesso anno riceve uno strano cadeau: la riapertura dell’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, per le dichiarazioni del pentito Francesco Campanella. Adesso la richiesta di archiviazione. Sei anni dopo, anzi otto contando i due anni d’indagine precedenti. Un po’ troppo.

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