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La Procura indaga sull’appartamento dei misteri

Aperto un fascicolo per truffa e appropriazione indebita per la casa di Montecarlo. Pontone e Lamorte: An commissaria i due tesorieri. L'ex garante del comitato di gestione del partito: "Ecco la verità". Un inquilino del palazzo: "Ho offerto 1,5 milioni. Fini? E' stato qui pochi mesi fa"

La Procura indaga sull’appartamento dei misteri

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

L’inchiesta del Giornale approda in procura. I Pm romani, da ieri, indagano sulla casa monegasca lasciata in eredità ad An e a Gianfranco Fini da Anna Maria Colleoni, e nella quale ora abita, in affitto da una società off-shore, il cognato del presidente della Camera.

Le ipotesi di reato sono appropriazione indebita e truffa aggravata, il fascicolo a piazzale Clodio è per il momento contro ignoti. A portare la questione all’attenzione della magistratura, la denuncia di due esponenti della Destra, il partito di Francesco Storace: Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte. Sarà dunque la procura capitolina a cercare di fare luce sul destino di quel generoso lascito dell’erede del condottiero Bartolomeo Colleoni, che oltre alla ormai celebre abitazione di Montecarlo conta su altri beni mobili e immobili, per un valore di svariati milioni di euro. Eredità concessa per la «buona battaglia»: la donna, prima di morire, aveva infatti deciso di far testamento a favore di Alleanza nazionale nella persona del suo presidente Fini per una scelta di passione ideale, ma in molti – tra cui i due autori della denuncia – hanno trovato che l’impiego che il partito ha fatto di quei beni, a cominciare dalla casa monegasca, svenduta a una società off-shore per una frazione del suo valore, non soddisfino il fine a cui la Colleoni avrebbe inteso vincolare il «dono».

Forse ora che sulla vicenda è stato aperto un fascicolo d’indagine verrà anche rotto il muro di silenzi e reticenze alzato dai protagonisti della storia. E sarà possibile scoprire se è davvero per una «particolare, inspiegabile coincidenza» (parole del senatore Francesco Pontone, delegato da Fini a firmare la vendita dell’appartamento alla società Printemps Ltd) che in quella casa, alla fine, sia andato ad abitarci, in affitto, proprio il «cognato» del presidente della Camera, Giancarlo Tulliani.

Intanto nel giallo dell’affaire immobiliare salta fuori un filo che lega l’«intermediario» James Walfenzao - l’uomo che firmò il contratto di acquisto della casa da An - proprio ad Alleanza nazionale, per il tramite dell’Atlantis World Group dell’italiano Francesco Corallo (figlio di Gaetano, già coinvolto in indagini legate ai casinò e ad affari con soggetti vicini al boss catanese Nitto Santapaola). L’Atlantis è attivo in Italia nel settore di slot e videopoker su concessione, e possiede quattro casinò ai Caraibi (tre a Saint Maarten e uno a Santo Domingo) che diverranno sette dopo l’inaugurazione dei prossimi tre, a Saint Maarten, Panama e Santo Domingo. E uno dei ristoranti del casinò Atlantis World di Saint Maarten ha avuto tra i suoi ospiti, nel 2004, Gianfranco Fini, accompagnato da Amedeo Laboccetta, amico di Corallo ed ex rappresentante della Atlantis World Group per l’Italia. Fini era dunque in vacanza, portato da Laboccetta, in quegli stessi mari tropicali che bagnano le coste di Saint Lucia, l’isola dove hanno sede sia Printemps che Timara, le società che compreranno da An la casa monegasca per poi affittarla al giovane Tulliani.
Eredità, doppia vendita e inquilino con nome ingombrante sono le uniche certezze di questa storia complessa. Ereditata da An nel 2001, la casa è stata «dimenticata» per anni dal partito, che ha anche rifiutato una serie di vantaggiose proposte di acquisto dagli altri inquilini del palazzo che la ospita. Fino a quando, nel 2008, An la cede per appena 300mila euro a una società creata presumibilmente ad hoc un mesetto prima, la Printemps, il cui amministratore è appunto James Walfenzao. E la Printemps la rivende, tre mesi dopo, con 30mila euro di plusvalenza a una società gemella (stesso capitale sociale, stessa sede sull’isola caraibica di Saint Lucia), la Timara. Operazioni evidentemente mirate alla copertura del reale acquirente dell’immobile, visto che nel secondo rogito firmano come venditore e compratore Tony Izelaar e Suzi Beach, che lavorano come colleghi nella stessa società di servizi monegasca, la Jason sam, che si occupa tra l’altro di creare società in paradisi fiscali, tra cui appunto Saint Lucia, per aiutare clienti danarosi a concludere affari immobiliari lontani da occhi indiscreti e dalle attenzioni del fisco del Paese d’origine. Il vero acquirente della casa, probabilmente, si sarà rivolto per la bisogna alla Jason. Oppure direttamente a Walfenzao.

Già, perché ieri Marco Lillo sul Fatto quotidiano ha rivelato che mister Walfenzao, tra i suoi tanti incarichi a Miami, Monaco e Curacao, siede anche sulla poltrona di una finanziaria londinese, la Atlantis Holding Uk. E da lì controlla, «in nome e per conto» di Francesco Corallo, una quota della ex Atlantis giocolegale, da poco ribattezzata B Plus, società del gruppo che si occupa di scommesse e slot nel nostro Paese. Insomma, ha già prestato i suoi servizi per Corallo, imprenditore vicino alla fu Alleanza nazionale. Questo link potrebbe essere l’ennesima «particolare, inspiegabile coincidenza», o più probabilmente è una spiegazione di uno dei gialli della vicenda: ossia, come mai An si sia rivolta proprio a questo gruppo di professionisti - legati alla «Corpag» di cui Walfenzao è rappresentante per le Antille Olandesi e per Miami, e Izelaar con la Jason per Montecarlo - per cedere la casetta. Resta, ovviamente, il mistero di chi si nasconda dietro la struttura di copertura che impedisce di conoscere la reale proprietà dell’appartamento al piano terra del «Palais Milton».

Il Giornale, due giorni fa, ha cercato invano Walfenzao nell’elegante «Residence Saint Roman», dove i portieri non ricordano di aver mai sentito il suo nome. E l’ha poi rintracciato telefonicamente. Ma il professionista al cellulare ha tagliato corto, spiegando di non voler parlare degli «affari dei suoi clienti», confermando implicitamente, dunque, di aver giocato un ruolo da intermediario.

Ma chi ha voluto proprio lui in quel ruolo? E perché la casa è stata poi affittata proprio al fratellino della compagna di Fini? Domande che ora potrebbero essere rivolte ai protagonisti della vicenda dai magistrati romani, investiti della questione.

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