Dottor Vittorio Borraccetti, procuratore capo di Venezia, cè una regia comune dietro questi attentati?
«Le indagini sono piuttosto difficili perché le azioni sono state compiute in zone prive di controlli di polizia e di sistemi di videosorveglianza che avrebbero potuto fornire indicazioni utili. Bisogna avere pazienza per raccogliere buoni elementi. Tuttavia, la quasi contemporaneità dei diversi fatti e gli obiettivi prescelti fanno pensare che l'area di provenienza di questa catena di attentati sia quella antagonista, in particolare dalle frange più propense a utilizzare la violenza».
Lei quindi conferma la matrice politica degli episodi.
«La cautela è dobbligo, ma sembra chiaro che cè un minimo di concertazione. Finora si è trattato soprattutto di attentati incendiari, fenomeni preoccupanti perché quando cè di mezzo l'esplosivo significa che dietro cè gente che sa come procurarsi i materiali e assemblarli sia pure in modo rudimentale. Magari non sono cellule terroristiche organizzate, ma gruppi sicuramente molto pericolosi».
Si può parlare di terrorismo, secondo lei?
«Tecnicamente direi di no, ma di episodi di violenza riconducibili alle fazioni inclini alla protesta più forte. Questo non significa che le forze dell'ordine abbassino la guardia».
Gli attentati sono stati compiuti in una zona molto ampia del Nord est.
«Il coordinamento viene da sé, è nelle cose. In Veneto polizia e carabinieri tengono d'occhio da tempo le aree più sensibili e hanno una buona conoscenza delle realtà più a rischio».
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