Adalberto Signore
da Roma
«Ma non sono ancora soddisfatti, con tutti i problemi che ci stanno creando?». È teso Romano Prodi, consapevole che il voto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan è il primo vero esame della sua maggioranza. Che, come noto, al Senato non si può certo dire goda dellagio dei numeri, anche se Silvio Berlusconi assicura che la Cdl «sosterrà i nostri soldati anche al Senato». Così, non è affatto strano che il premier si spazientisca quando i suoi collaboratori gli fanno presente le insistenti richieste di alcuni dei senatori dissidenti che vorrebbero avere un faccia a faccia con lui nel tentativo di risolvere unincomprensione che rischia di costringere il governo a porre la fiducia. Uneventualità che Prodi affronta pure durante il Consiglio dei ministri, quando chiede ai presenti lautorizzazione a mettere la fiducia «qualora ce ne fosse bisogno». Il via libera arriva allunanimità, con il ministro del Prc Paolo Ferrero che si dice «daccordo, purché ci siano le condizioni di opportunità» e il vicepremier Massimo DAlema che si limita a una battuta che rievoca lombra della caduta del primo governo Prodi. «Se mettete la fiducia - dice con un certo sarcasmo il ministro degli Esteri - almeno fate bene i conti...».
Considerazione, questa, che il premier ha ben presente da giorni. Al punto che il ministro Vannino Chiti sta studiando la situazione con piglio maniacale. Ieri i due si sono sentiti molte e molte volte, con lesponente dei Ds a contare i «dissidenti» che rientrerebbero nel caso di fiducia (allappello mancherebbero ancora il prc Luigi Malabarba e il verde Mauro Bulgarelli) e a verificare lo stato di salute di quei senatori a vita che pur con le migliori intenzioni potrebbero dare forfeit allultimo minuto (Cossiga ha già annunciato il suo «no»). E tirate le somme sembrano tutti convinti che la fiducia sia la soluzione migliore. Quasi tutti, per lesatezza. Perché Prodi continua a considerarla lultima spiaggia. E perché la ferita del 98 non è ancora rimarginata e perché in questo modo non si potrebbe contare sul «soccorso» della Cdl. Nelle ultime ore, però, sembra essersi affacciato un altro problema, di natura squisitamente tecnica. Se la questione di fiducia venisse messa solo sullarticolo 2, quello sullAfghanistan, i «dissidenti» si sentirebbero liberi da qualsiasi vincolo nel voto finale. Al contrario, blindando lintero testo, secondo il ministero per i Rapporti con il Parlamento il ddl dovrebbe ritornare alla Camera per un passaggio tecnico. Che andrebbe in calendario il 30 agosto con conseguente riapertura della querelle con i «dissidenti». Lescamotage, ma alquanto rischioso, potrebbe essere quello di mettere quattro fiducie, una per ogni articolo.
Intanto, mentre il segretario del Prc Franco Giordano insiste nel chiedere di blindare il testo, prosegue la mediazione di Chiti con i nove senatori «dissidenti». Con almeno una buona notizia, perché i tempi potrebbero essere più lunghi del previsto, visto che il voto potrebbe slittare a giovedì. Alcuni dei «ribelli» (il ds Salvi, il prc Grassi, il pdci Rossi e il verde Silvestri) hanno già detto che in caso di fiducia non faranno cadere il governo. Altri li seguiranno. Ma non tutti. «Non si può usare la fiducia come un ricatto, non ci sto alla pistola puntata alla tempia», fa sapere Malabarba. E ancora: «Mi auguro che ci sia un segnale da parte di Prodi, se no è un aspirante suicida». Chiede una «registrazione» della maggioranza Bulgarelli, convinto che «prima del voto ci debba essere un incontro» perché «la fiducia ha il sapore di una blindatura». Colloquio che Prodi esclude categoricamente.
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