Prodi e signora i veri eredi del dossettismo

Dr. Granzotto, sono un suo affezionato lettore ed estimatore. Sono stato tacciato, dal parroco del mio paese, di ignoranza poiché ho affermato che il pensiero dossettiano, in economia, definisce il denaro/ricavo come «lo sterco del demonio». Ho appreso tale informazione da più articoli letti in passato sul Giornale, dedicati all’ex premier Romano Prodi «dossettiano doc». Le chiedo gentilmente una sua cortese risposta in merito per accertarmi che quanto appreso e da me affermato corrisponda al vero.
Calcinato (Bs)

Non so se Giuseppe Dossetti usò mai quell’espressione, caro Chiarini, ma è certo che avrebbe potuto tranquillamente farvi ricorso perché così la pensava. Era infatti fermamente convinto che un cattolico che avesse nel Vangelo la sua ispirazione - ed egli si riteneva tale - non può servire Dio e Mammona (è più facile che un cammello passi per la cruna d’un ago eccetera eccetera). D’altronde, la Piccola famiglia dell’Annunziata, la comunità monastica ch’egli fondò dopo aver preso i voti, si fondava, e non a caso, su questi princìpi: silenzio, preghiera e povertà, una povertà inseguita proprio per allontanare da sé e dai propri pensieri lo «sterco del diavolo». Fosse solo quello, caro Chiarini. L’ideologia anticapitalista e una visione cattolica del leninismo (o, a scelta, una visione leninista del cattolicesimo) indussero Dossetti a scelte politiche che andarono da un aperto rifiuto dell’ingresso dell’Italia nella Nato a quell’incessante corteggiamento al Pci che avrebbe dovuto maturarsi nel compromesso storico. È quel cattocomunismo che, ahinoi, ancora fermenta nella politica e che ultimamente ha dato vita al prodismo e all’ulivismo (assicurava Nicola Matteucci, una colonna del Giornale, che non è tanto Prodi a essere dossettiano, quanto la sua signora, Flavia. Alla quale il marito pare ubbidisca siccome un cagnolino ammaestrato).
Forse Dossetti è stato un santo, non saprei dire, ma sicuramente un apprendista stregone. «Assieme a Fanfani e La Pira, era uno di quei professorini della sinistra integralista democristiana - lo dipinse al vero Montanelli - che, con la convinzione di trasformare la Dc in missione, la strapparono a De Gasperi. Erano gli uomini più onesti dello scudocrociato, ma, salvo Fanfani, gli altri due avevano gli occhi troppo levati al cielo per accorgersi della fogna in cui i loro piedi stavano guazzando». Fatto sta che guazzando guazzando Giuseppe Dossetti l’Ulivo lo tenne a battesimo, addirittura piantandone uno in tronco e foglie a Montesole, dove aveva insediato la sua comunità e, successivamente, una Scuola della Pace. E che lo spirito dossettiano seguiti a dominare l’anima della sinistra se ne è avuta conferma nel trionfalismo sulle primarie vinte da Bersani. Poco prima di rendere l’anima a Dio, Baget Bozzo scrisse che l’essenza della predicazione di Dossetti è l’abilità procedurale, nella quale Lenin era un maestro, «di impossessarsi della locomotiva e dirigerla dove pare». Per l’appunto, il meccanismo delle primarie, «confortato dagli studi dell’altro dossettiano Arturo Parisi, è l’arte di capovolgere la sostanza della democrazia con un uso spregiudicato delle sue regole, e se non ci sono si inventano o si importano dagli Usa.

Così una faccenda democraticissima come sono le primarie in America, sono adottate per realizzare in Italia quanto di più antidemocratico ci sia: impossessarsi di un movimento di massa (il centrosinistra) usando una piccola minoranza pronta a mobilitarsi e a trascinare con sé volenti o nolenti amici e parenti». Analisi pienamente confermata da Pier Luigi Bersani che appena eletto va col cappello in mano a bussare alla porta di Prodi.

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