Politica

Prodi fa il duro, Bersani tratta: i manifestanti tolgono i blocchi

Il premier: «Nessuno ci condizionerà». Poi Alemanno media e il ministro scende a patti: domani l’incontro con gli autisti

Antonio Signorini

da Roma

«Se il governo si fa condizionare delle pretese o dalle proteste di questa o quella categoria non può perseguire la sua missione». Il centrosinistra ha scelto la via thatcheriana. Se la coriacea premier britannica negli anni Ottanta mise in ginocchio i minatori, la fermezza del presidente del Consiglio Romano Prodi è tutta rivolta verso i tassisti che ieri hanno organizzato una manifestazione nazionale a Roma contro la liberalizzazione delle licenze, dando vita ad un’altra giornata di disagi, terminata però con la prima parziale schiarita da quando è stato approvato il decreto che liberalizza parzialmente il settore, con l’apertura di un tavolo che dovrebbe partire già domani pomeriggio con il ministro allo Sviluppo Pier Luigi Bersani e una rappresentanza dei sindaci.
La scommessa, che è emersa fin dalla mattinata proprio dalle parole di Bersani, è quella di far partire il confronto, senza cedere alle richieste di stralcio della parte di decreto che riguarda i tassisti; il tutto convincendo gli autisti a sospendere la protesta. Un obiettivo da raggiungere a tutti i costi: «Le regole della democrazia hanno il loro corso. Ci sono regole che saranno rispettate», è stato il chiaro avvertimento del premier che ha difeso il merito delle misure che riguardano le auto pubbliche e altri settori: vanno «nella direzione giusta e portano benefici a tutti, anche alle categorie che da questi provvedimenti oggi si sentono, a torto, danneggiate», ha assicurato.
Ritirare il decreto a questo punto «è impossibile», ha aggiunto lo stesso Bersani, riproponendo un confronto ma solo quando termineranno le proteste: «Finché ci sono queste agitazioni non è possibile un incontro con un ministro della Repubblica». E in ogni caso, da parte dell’autore del provvedimento che contiene anche le liberalizzazioni, c’è «la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto tra ministero, sindaci e organizzazioni dei tassisti al fine di cercare proposte anche correttive rispetto a quelle previste dal decreto». Disponibilità emersa dopo un incontro dello stesso Bersani con Gianni Alemanno, ex ministro di An ieri nella veste di consigliere comunale di Roma e mediatore. E proprio Alemanno è stato artefice della svolta, giunta intorno alle 22. Tornato a riferire ai tassisti le intenzioni di Bersani, l’esponente di An li ha convinti a sospendere le agitazioni e a sedersi al tavolo della trattativa. «Ho proposto la sospensione dell'agitazione, che è stata accettata dall'assemblea - ha spiegato Lorenzo Bittarelli, presidente dei radiotaxi italiani - perché prendiamo atto della disponibilità del governo di apportare modifiche al decreto. Sarà una pausa, speriamo sia lunga. Rimane confermato comunque lo sciopero dell’11 luglio. Dopo il tavolo di concertazione vedremo il da farsi».
Le organizzazioni ufficiali si erano comunque mostrate disponibili da subito. La Cna Fita aveva però avvertito che i tempi erano stretti, visto che lo sciopero nazionale rimane fissato per martedì prossimo. D’accordo anche la Confartigianato e la Cgil, ieri sospesa tra la posizione di Maurigia Maulucci che ha invitato il governo a «resistere, resistere, resistere contro le pressioni di tutte le corporazioni» e il sindacato di categoria, Unica, che mostrava un cauto interesse alle aperture di Bersani. Come dimostrazione di buona volontà i tassisti avevano già annullato una manifestazione davanti al Senato che era stata indetta per oggi.
A rendere più difficile l’avvio del confronto è stata l’aggressione al ministro Mussi. Ma dentro la maggioranza c’è anche chi non ha condannato la protesta dei tassisti: il presidente della Camera Fausto Bertinotti secondo il quale il governo «ha fatto una scelta programmatica e di politica economica netta e visibile e i tassisti hanno risposto organizzando un conflitto sociale. Il governo e i tassisti sono dentro il quadro democratico del Paese». E Ugo Boghetta, responsabile Trasporti del Prc, va anche oltre e propone un dietrofront: «Il decreto sui taxi va rivisto, Già quando venne inserita nel programma dell’Unione la liberalizzazione era una forzatura.

Va recuperato il dialogo che finora è mancato».

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