Adalberto Signore
nostro inviato a Washington
Limmagine che Silvio Berlusconi lascia a George W. Bush al termine di cinquanta minuti di colloquio nello Studio Ovale della Casa Bianca è una fotografia in bianco e nero. Di quando ancora piccolo, suo padre lo accompagnò in un cimitero e, davanti alle lapidi dei soldati americani morti durante la Seconda guerra mondiale, gli disse solenne: «Rimani sempre fedele a questi uomini». Un episodio che il presidente del Consiglio racconta a Bush quasi fosse la metafora di quel rapporto di amicizia e fiducia reciproca che in questi anni si è venuto a creare tra i due leader e tra i loro Paesi. «Strategico», lo definisce l'inquilino della Casa Bianca. Quasi una replica a chi in Italia descrive il premier inopinatamente schiacciato sugli Stati Uniti, al punto che pure il Cavaliere non nasconde un certo stupore: «Bush è stato fin troppo generoso anche perché in Italia sono in molti a non amare né lui né gli Stati Uniti».
Dell'Unione e di Romano Prodi, dunque, si parla a lungo nei cinquanta minuti di faccia a faccia. Ma nel breve incontro con la stampa nello Studio Ovale il premier preferisce glissare. «Prodi ha definito questo viaggio una festa d'addio. Che ne pensa?», chiede un cronista. Berlusconi elude la domanda e si limita a una risposta generica. L'affondo arriva mentre cameramen e giornalisti vengono invitati a uscire, con il presidente del Consiglio che si gira verso il padrone di casa, allunga la mano sul suo braccio e spiega: non ho risposto per ragioni di cortesia, ma altro che festa d'addio. «Pensavo - dice - che questo fosse il funerale per Prodi...».
Durante tutto il briefing, poi, Berlusconi ricambia le parole di affetto di Bush: «L'accordo che si crea tra di noi - dice - deriva dal fatto che condividiamo gli stessi valori. Tutti e due crediamo che il dovere nel mondo sia quello di difendere la democrazia perché soltanto con la democrazia può esistere la libertà». E ancora: «Credo che siamo fortunati se la più grande democrazia del mondo ha una guida così sicura, che vede chiaro nei problemi del mondo e che procede con decisione. Il presidente americano ha trovato nel mio governo un alleato solido». Poi una frecciata indiretta al centrosinistra: «Abbiamo portato nella politica i valori che esistono nel mondo dello sport e del lavoro». E si spiega: «In politica viene considerato un grande professionista chi cambia spesso posizione, nello sport e nel lavoro chi non mantiene la parola viene messo in un angolo». Bush annuisce, più tardi il Cavaliere confiderà ai suoi: «Prodi non potrà mai avere un rapporto del genere con la Casa Bianca».
Si parla anche di Irak e il premier conferma l'intenzione di voler ritirare le truppe «entro fine anno», unico punto su cui i due non si sono trovati d'accordo (secondo Bush, infatti, il timing sarebbe troppo veloce). Berlusconi ha parole calorose per il popolo americano, perché «quando cade un soldato statunitense per la causa della democrazia e della libertà» la viviamo come la «perdita di un nostro soldato». Il piano di «progressivo ritiro», aggiunge, è cominciato. «È stato concordato con i nostri alleati - spiega - e con il governo iracheno». «Perché sara possibile?», dice in inglese rivolgendosi al presidente americano. «Perché abbiamo addestrato tutti gli ausiliari, un numero di uomini che consentirà al governo iracheno di mantenere l'ordine, di garantire la sicurezza dei suoi cittadini». Berlusconi fa anche due conti: «Per quanto riguarda la provincia a noi affidata sono tremila i soldati che rientreranno in patria, ma sono diecimila gli uomini che saranno sul territorio per garantire il mantenimento della pace».
Lasciata la Casa Bianca, il premier torna alla Blair House, residenza degli ospiti illustri, per poi fare un breve sopralluogo al Congresso e incontrare i candidati di Forza Italia nelle circoscrizioni estere delle Americhe. L'intervento di Berlusconi davanti alle Camere riunite è atteso per questa mattina alle 11 ora locale.
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