Prodi perde la testa Gli alleati allibiti: «Ora è un problema»

Il premier si sfoga: «Se non vi vado più bene, avanti un altro». E arriva ad attaccare anche Ciampi. Vertice teso con Fassino e Rutelli

Laura Cesaretti

da Roma

A sera, Romano Prodi si scatena. E i suoi alleati, su cui piovono i fendenti del premier, sono allibiti. Fassino e Rutelli per primi, che si telefonano più volte in serata per capire come reagire.
«Sta diventando un problema serio», ammette a denti stretti un dirigente rutelliano, e il «problema» è il premier. Che ce l’ha con tutti, e lancia alla sua maggioranza un guanto di sfida: «Non sono un uomo per tutte le stagioni. Mi dicono che devo dire di più e meglio, ma io dico, dico, dico. Se non piace quel che dico se ne trovino un altro». Ce l’ha con Ciampi, perché «mi si dice che serve una nuova missione: ma svegliare questo paese non è una missione anche più grande dell’euro? Per favore, basta proclami!». Con Massimo D’Alema, perché «nego alla base la verità dell’affermazione che non ci sia più lo spirito del ’96». Con Fassino, Rutelli, Bersani e quanti gli tirano la giacca sulle riforme chiedendogli una «fase due» del governo: «Fase due? È un termine che non uso e ignoro, non so cosa sia. Noi andiamo avanti col nostro lavoro». E fa anche dell’ironia sull’«ansia di dirsi riformisti» dei suoi alleati ulivisti: «È anche un problema di sistema nervoso: c'è chi capisce che le piante per crescere hanno bisogno di anni e chi pensa che basti mettere uno stecco». Il riformismo invece «è una cosa seria, che esige una riorganizzazione delle strutture e richiede tempo». E una frecciata velenosa arriva pure a Rutelli: «Nell'Ulivo non ci sono tessere false, perché lì non abbiamo tessere. Almeno ho questo vantaggio».
Un’intemerata a muso duro, alla fine di una giornata durante la quale i segnali di scollamento tra maggioranza e governo avevano raggiunto il livello di guardia sia alla Camera che al Senato. Un’esternazione che ha preso alla sprovvista Fassino e Rutelli, che tentavano da ieri mattina di smorzare la tensione tra loro e il premier, trapelata dal vertice a tre tenuto di buon ora a Palazzo Chigi. «È andato male», aveva confidato Rutelli ai suoi.
Il premier non aveva voluto sentir parlare di rinviare o cambiare l’agenda del summit dell’Unione da lui fissato per sabato, contro il parere di Ds e Dl. Né di restringere la platea dei partecipanti (se ne prevedono una cinquantina) come Ds e Margherita gli chiedevano. Prodi ha respinto la richiesta al mittente: «Io governo a squadre e continuerò a farlo, mettendo insieme tutti». Non si era mostrato per nulla convinto delle argomentazioni dei leader ds e dl sul fatto che «con la nostra iniziativa sul rilancio delle riforme abbiamo cercato di tirare il governo fuori dall’angolo in cui si era cacciato, mettendosi contro tutti», e dando al Paese l’impressione che «si stia governando solo con la sinistra radicale».
Al Botteghino i dirigenti fassiniani parlano di «sindrome da complotto, perché da quando Napolitano gli ha chiesto di cercare il dialogo con la Cdl sulla Finanziaria si è convinto che ci sia una trappola»; spiegano che a Prodi «non piace per nulla che Fassino e Rutelli facciano asse per dare alla maggioranza un baricentro riformista», e che «vuole dare l’immagine del leader solo contro le losche trame dei partiti».
Dopo l’exploit serale del Professore, Fassino e Rutelli sollecitano una rettifica a Palazzo Chigi, e il portavoce di Prodi Silvio Sircana dichiara che nelle parole del premier «non c’era alcun riferimento alla situazione politica attuale o alla riunione di questa mattina». Troppo poco, per disperdere l’impressione di uno scontro frontale. Con Prodi deciso a smarcarsi dal tentativo di Ds e Dl di mettere sotto tutela il suo governo, e sotto assedio il ministro Padoa-Schioppa.
«Clemente, quasi quasi ti propongo come ministro dell’Economia», è la battuta che lancia il dl Lusetti a Mastella in Transatlantico.

Riflettendo gli umori di gran parte dell’Ulivo, che pensa che «a Via XX Settembre dovevamo mettere un politico», come nota il ds Morri. Ma Prodi pur smentendolo difende il suo ministro: «Io e Tps ostaggio della sinistra radicale? Non esiste, è un’idea che fa ridere».

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