A Prodi torna la voce: ma può parlare solo in esilio

D ire che è sceso in campo sarebbe troppo. Perché fin da quando è apparso chiaro che l’unica via d’uscita alle consultazioni sarebbero state le urne, Veltroni non ha mai titubato. «Romano - è stato il ragionamento del leader del Pd - se c’è la campagna elettorale dovrai fare un passo indietro». E così è stato, almeno fino a ieri. Quando Prodi è finalmente uscito dal suo esilio dorato in terra patria ed è atterrato a Bruxelles per il vertice dell’Ue. Finalmente a casa, avrà pensato il quasi ex premier, che alla presidenza della Commissione Ue un passato di gloria lo ha avuto.
Così, presa confidenza con l’aria nuova, non ha resistito ai cronisti italiani e no che lo tampinavano. E finalmente ha potuto dire la sua su tutto e tutti. Ha iniziato di prima mattina tornando sulla querelle sui precari, sulla quale non aveva potuto proferir parola giovedì perché non ancora garantito dall’extraterritorialità. «Credo che il problema sia serio e diventerà sempre più serio a causa delle difficoltà dell’economia mondiale», spiega Prodi. E per questo, aggiunge, «non consiglio certo annunci matrimoniali». La giornata, però, non scorre liscia. E dal pulpito di Bruxelles il Professore può finalmente ribattere a Berlusconi colpo su colpo.

Dice che non sono mai stato ricevuto alla Casa Bianca? Ma «è stato Bush a venire a Roma». E il ritiro dal Libano? Berlusconi è «un irresponsabile». Insomma, per il Professore un giorno di gloria. Uno solo, perché da domani tornerà in terra patria. In silenzio come vuole il dettato veltroniano.

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