Cronache

Professionisti in rivolta contro il decreto-beffa

(...) sono risuonati gli slogan più pesanti nei confronti delle misure annunciate dal governo. La protesta si è conclusa poco dopo le 11 davanti al palazzo della Regione in piazza De Ferrari, dove si erano concentrate almeno 400 auto bianche. Il servizio è rimasto comunque sospeso fino al primo pomeriggio, quando una delegazione di rappresentanti della categoria è stata ricevuta in consiglio comunale. Presente, fra gli altri, l’assessore Arcangelo Merella che ha tenuto a sottolineare la disponibilità personale: «Sono per gestire la situazione - ha precisato -, però ne parliamo se si rasserena il clima. Abbiamo sempre detto di essere disponibili al confronto. Ma se ogni giorno c'è una manifestazione, non è l'atmosfera che vogliamo, soprattutto per difendere i cittadini: che ognuno manifesti come vuole - ha aggiunto Merella - ma se la manifestazione ha il doppio aspetto di togliere un servizio e creare disagio a tutta la città è una condizione che ci irrita». Ancora più irritato, però, per la piega presa dagli avvenimenti è il capogruppo di An in Regione, Gianni Plinio, che invita il sindaco Giuseppe Pericu a non applicare il decreto Bersani per i tassisti come già preannunciato dal primo cittadino di Milano, Letizia Moratti, col consenso di tutte le associazioni di categoria del capoluogo lombardo. «Sarebbe assai interessante se anche a Genova il decreto-Bersani non fosse applicato per quanto riguarda i tassisti - insiste Plinio -. Ci sono altri strumenti da utilizzare. Si può valutare, ad esempio, l'opportunità di liberalizzare i turni e di incentivare la guida dei taxi da parte dei familiari dei titolari delle licenze. Assai utile sarebbe, poi, insediare una Commissione tecnica sulle corsie preferenziali, per migliorare il servizio nelle ore di punta, sulla lotta all’abusivismo e sulle problematiche relative alla sicurezza dei conducenti. Diversamente - conclude - applicare il decreto significherebbe consentire la brutale penalizzazione di una categoria utile di lavoratori». Interviene sul problema anche il capogruppo di Forza Italia in Comune, Giuseppe Costa, secondo cui «tutti sappiamo che la situazione varia, e molto, da città a città. In alcuni Comuni ci sarà carenza di taxi, a Genova no. Bisognerebbe che ai singoli Comuni fosse lasciata libertà di decidere, ma non mi sembra questa la logica prevalente, soprattutto quando si ricorre allo strumento del decreto legge. Certo, il sistema va adeguato, e non solo in questo settore, ma non a colpi di decreto. Proprio la sinistra, che ha fatto della concertazione la sua bandiera, adesso sceglie il metodo opposto. Si vede - conclude il capogruppo di Fi - che al governo ci sono due logiche, una per le categorie sentite come vicine, l'altra per quelle lontane, vale a dire per i lavoratori autonomi». Imbarazzato, intanto, il commento della giunta comunale: «Siamo d'accordo con i principi che animano il decreto Bersani - dichiara ai consiglieri l’assessore Mario Margini, nella sala rossa di Tursi -. Per quanto riguarda le eventuali ricadute sulle attività gestite dal Comune, ne discuteremo in commissione non appena avremo a disposizione il testo».
Una censura decisa sul complesso delle ricadute del decreto arriva anche, a nome degli avvocati, da Roberto Cassinelli: «Si tratta di misure di stampo demagogico, che non portano a nessuna liberalizzazione, anzi presentano rischi per i consumatori-utenti delle varie categorie professionali, in particolare per quanto riguarda il rapporto qualità-prezzo dei servizi. Mi sembra inoltre - aggiunge Cassinelli, attuale commissario metropolitano di Forza Italia - che la vendita nei supermercati dei prodotti da banco si risolva in un ulteriore aiuto al mondo delle cooperative. Infine, considerando l’ambito professionale degli avvocati, dico che l’eliminazione del minimo tariffario, l’intesa col cliente sul compenso da riconoscere, e l’aspetto della promozione vadano a discapito dei clienti meno facoltosi. Parliamoci chiaro - conclude Cassinelli -, se si abbassa la soglia retributiva, a rimetterci saranno i cittadini economicamente più deboli, la deregulation incoraggia meccanismi perversi adottati da individui che non si fanno scrupoli. Bel risultato!». Più possibilista il presidente dell’Ordine dei medici, Enrico Bartolini: «Giudicheremo quando saremo in possesso del testo definitivo. Ma non siamo spaventati: il nostro Ordine ha sempre difeso i principi della correttezza e della legalità, oltre che del decoro professionale che non può essere valutato al di sotto di certi livelli minimi di tariffa». Spara a zero contro i provvedimenti, invece, il presidente nazionale dei Giovani Ragionieri Commercialisti, Massimo Lusuriello: «La riforma delle libere professioni - tuona - non si può fare a colpi di decreto. Occorre una legge quadro che sia il risultato di una preventiva consultazione con la categoria interessata. Ma noi non siamo mai stati interpellati! La questione, poi, dell’abolizione dei minimi tariffari ci lascia assolutamente stupefatti. Altro che concertazione, come sbandierato ai quattro venti da Romano Prodi e dai suoi ministri, qui siamo piuttosto nel campo dell’improvvisazione. In ogni caso - conclude Lusuriello - sia il metodo, sia il merito sono sbagliati, e fra l’altro provocano un aggravio assurdo degli adempimenti. Ad esempio: viene reintrodotto l’elenco clienti e fornitori per le imprese che, necessariamente, dovranno ricorrere ai commercialisti (con un aggravio di spesa), mentre viene introdotta per la prima volta la compilazione dei corrispettivi a cadenza mensile. Senza parlare, infine, dell’abolizione del pagamento in contanti delle prestazioni: ci toccherà dotarci di un Pos come in negozio...».
Non si rassegna, comunque, il senatore Alfredo Biondi, insegne avvocato, presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia, anche nella veste di presidente dell’Associazione liberi professionisti: «Chiederò un incontro col Capo dello Stato per segnalare il grave vulnus alla libertà di esercizio della professione forense. Una menomazione del diritto di difesa - conclude Biondi -.

Operazione avventata, non risolvibile con un decreto legge e che richiede la concertazione con gli ordini professionali e con le associazioni forensi, Camera penale e Camera civile».

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