Guido Mattioni
Senza giri di parole. Senza mezzi termini. Soprattutto senza appello. «La Fiat Auto certo non ha più speranze nel suo futuro». Il vaticinio, spietato nei toni e nel contenuto, è di Carlo De Benedetti. Uno che comunque la si pensi, nel bene o nel male, ha significato e significa molto nelleconomia e nella finanza italiane: un protagonista a giudizio di tutti, un personaggio carismatico per molti, forse un gran furbone, sicuramente un insuperabile cane da tartufo quando cè da fiutare un buon affare. Per sé.
Il giudizio sulla casa di Corso Marconi è contenuto, insieme ad altre considerazioni sulleconomia e sulla politica nazionali, nellintervista concessa dallIngegnere a Raisat Extra (in onda oggi e domani) e che è stata presentata ieri a Roma, presente il protagonista. «A mio parere, e mi dispiace dirlo perché sono torinese, ne sono stato amministratore delegato e sono legato comunque a quellazienda, la Fiat non ha più speranze nel suo futuro», è lanalisi delleditore di Repubblica. E se la Fiat «va male è perché è stata protetta e tutto quello che è protetto, come gli togli la protezione si prende la prima infezione che passa».
Laccenno alla Fiat è servito ieri a De Benedetti anche per ritornare sulle polemiche suscitate dalle sue considerazioni su Giovanni Agnelli, contenute anchesse nellintervista e trapelate giorni fa. Considerazioni alle quali aveva subito replicato John Elkann, nipote dellAvvocato. In merito, ha sottolineato ieri il fondatore della Cir, «sono state scritte parecchie stupidaggini. Mi sembra strano che siamo ancora in un Paese in cui non si può parlar male di Mazzini. Agnelli è stato un personaggio storico, con pregi e difetti. E un uomo è umano nel limite in cui non è unicona. Con Agnelli ho mantenuto rapporti di stima e amicizia per 40 anni, anche dopo aver scritto in un libro i miei giudizi che ho qui ripetuto».
Giudizi, a margine della presentazione dellintervista, De Benedetti ne ha dati però altri. Sulleconomia e sulla politica italiane. E ovviamente sui suoi protagonisti. «La mia vera preoccupazione - ha detto lIngegnere - è leconomia privata, leconomia reale. È molto in difficoltà, molto più di quanto venga percepito dalla nostra classe dirigente. Mettere a posto i conti pubblici è complesso, ma si sa come si fa. Come rimettere in moto leconomia reale, invece, non si sa. E non cè nessuno che se ne preoccupi».
Di lì, il passaggio alla politica e alla valutazione dellattuale classe dirigente, è immediato. «È davanti agli occhi di tutti che la situazione economica è peggiore di 4-5 anni fa. Che ci sia una responsabilità del governo è evidente. Non è lunica causa, ma una causa importante», concede De Benedetti. Che poi aggiunge, riferendosi autocriticamente alla sua area politica di riferimento, ma senza negarsi uno schizzetto di veleno diretto al premier: «Visto il centrosinistra così dilaniato, lunica nostra sicurezza è Silvio Berlusconi. È lunico che ci può far vincere le elezioni».
Questo in conferenza stampa. Ma al Cavaliere, leditore di Repubblica ha dedicato sue personali valutazioni anche nellintervista che andrà in onda oggi e domani. «Consideravo, e considero, che un imprenditore in politica sia un errore. Non lo dico per Berlusconi. Lo dico in generale, lo dico per chiunque. Io penso - è la spiegazione - che un imprenditore abbia un Dna autocratico, mentre un politico deve averne uno democratico». Valutazioni, ha aggiunto lIngegnere ricordando di aver «sempre votato repubblicano», che non gli hanno mai impedito di coltivare passione per la politica. «Ho anche subito il fascino di alcuni personaggi», ha detto. Come quello di La Malfa, «quello vero di Visentini» e anche «il fascino di Berlinguer, anche se non sono mai stato comunista e non ho mai votato comunista». Un uomo, Berlinguer, ha spiegato De Benedetti, «che mi ha fortemente colpito. E per delle questioni che sembrano strane, che non sono politiche, ma umane: per la sua timidezza, per la sua signorilità e per la sua ingenuità».
Lasciando il passato e ritornando alloggi, se a Berlusconi ha riservato veleno, a Romano Prodi lIngegnere ha dedicato - e non stupisce - parole più che buone. «Credo che abbia avuto un merito storico, quello di portarci nelleuro. Con la situazione dei mercati di oggi, con la crisi della Parmalat, se non fossimo nelleuro i nostri tassi dinteresse sarebbero di due, tre punti superiori a quelli odierni.
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