da Roma
Una «ciofeca», decreta il ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi che, dopo aver visto Rockpolitick, si dice contento di «non aver aumentato il canone». Addirittura un «capolavoro» invece secondo il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini.
Se lobbiettivo primario di Adriano Celentano era la pura provocazione al fine di suscitare reazioni contrastanti il Molleggiato può dirsi pienamente soddisfatto. I politici, da destra e da sinistra, alla fine dellinterminabile show alzano tutti la paletta e danno un giudizio che va dallo zero in condotta, affibbiato al programma da alcuni esponenti di Alleanza nazionale (il senatore Michele Bonatesta chiede addirittura le dimissioni del direttore generale Alfredo Meocci), al dieci e lode di Casini e da sinistra pure di Piero Fassino che apprezza «il grande talento» di Celentano.
Indubbiamente Rockpolitik ha riservato gli attacchi più pesanti al premier ed al suo partito Forza Italia. Ma il coordinatore nazionale degli azzurri, Sandro Bondi, sceglie il fair play. «La trasmissione di ieri è una ruvida ed eclatante dimostrazione del fatto che lItalia è un Paese libero, anche grazie a questa maggioranza», osserva Bondi che a questo punto però condanna «lintollerabile disonestà e ipocrisia della sinistra che continua nella sua opera di demonizzazione del presidente del Consiglio». Non riesce a incassare con la stessa tranquillità il vicecoordinatore, Fabrizio Cicchitto che parla di una «trasmissione autogestita dallala più estrema e intollerante della sinistra per insultare in diretta televisiva gli avversari politici».
Toni morbidi quasi affettuosi invece dallUdc. Il ministro dei Beni Culturali, Rocco Buttiglione, invita a non prendere sul serio Celentano mentre Casini si lancia in un panegirico perché il cantante «è riuscito a dimostrare che siamo in presenza di un servizio pubblico libero in cui il sarcasmo si esercita contro il presidente del Consiglio». E per non sbilanciarsi su Michele Santoro glissa: «In quel momento mi ero alzato».
A sinistra ovviamente il programma è piaciuto, a prescindere. Il leader dellUnione, Romano Prodi, ne parla bene pure se ammette di non averlo visto. Per Francesco Rutelli Celentano è «un grande artista visionario».
Quello che invece non è piaciuto a molti dentro la sinistra è il fatto che Michele Santoro pur di tornare in Rai abbia dato le dimissioni da europarlamentare. La parabola da giornalista a politico e poi di nuovo giornalista per di più nel servizio pubblico, dicono in molti, gli fa perdere credibilità. Una perplessità espressa sullUnità due giorni fa e ribadita ieri anche su Liberazione da Piero Sansonetti. Una contestazione che Sandro Curzi, consigliere damministrazione della Rai, respinge in difesa della scelta di Santoro.
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