E dire che già il suo primo romanzo, roba di oltre ventanni fa, aveva una cupezza faulkneriana che soddisfò tanti critici (e ancor più lettori). E poi il titolo era favoloso, non cè altro da aggiungere: «E lasina vide langelo». Tanto brutale sul palco quanto ispirato con la penna in mano, Nick Cave ha quel gusto insopprimibile di raccontare storie, siano musicali oppure scritte non importa. E a un bel talento nel ritmo della scrittura unisce un gusto appena splatter e unombrosità che nulla meglio del suo rock riesce a spiegare. Volendo, si capiva già in «King Ink», raccolta di testi e scritti tanto per gradire che uscì nel 1988, regalando a lui, il matto di Warracknabel in Australia, un soprannome che gli calza niente male: Re Inchiostro. «Mi piace tanto scrivere», dice. E aggiunge: «Scrivo per vivere, per capirmi e qualche volta per capire». Ci riesce. E, anche lultimo romanzo, uscito lanno scorso su Feltrinelli, ha un titolo alla Nick Cave: «La morte di Bunny Munro», dove Bunny Munro è un venditore di prodotti di bellezza che si aggira nel tristissimo sud dellInghilterra in cerca di casalinghe più tristi di lui.
La moglie si suicida, lui si lascia sbriciolare dal dolore e poi prende sottobraccio il figlio di nove anni e inizia un folle pellegrinaggio. «E sapete qual è la novità? - dice adesso lui -. Appena ho un po di tempo e una buona idea mi metto a scriverne un altro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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